domenica 18 novembre 2012

Carlo O. Gori. Guerra civile spagnola 1936-1939


Spagna: guerra civile 1936-1939

Nel 2006, come del resto in anni precedenti e successivi, ideai e creai per la Biblioteca Forteguerriana di Pistoia (la nuova Biblioteca San Giorgio verrà poi inaugurata nell’aprile del 2007) alcuni percorsi di lettura che ci venivano suggeriti da alcune ricorrenze storiche, curando acquisti di novità librarie uscite per queste occasioni e colmando lacune relativi a pubblicazioni significative uscite negli anni precedenti e non presenti a quel momento nelle collezioni della Biblioteca. Ugualmente curai i depliants promozionali di questi avvenimenti e pubblicazioni.
Riporto qui sotto quello uscito nel 2006 in occasione dell’anniversario dell’inizio della Guerra di Spagna del 1936. Oggi non avrei altro da aggiungere a quello che ho sinteticamente scritto in quell’occasione, salvo una leggera modifica al finale suggerita dalla presente crisi economica-finanziaria, prevenutaci dagli Stati Uniti dal 2008, nella quale la Spagna, del resto unitamente ad altri Paesi europei come anche il nostro, attualmente si dibatte.
“Spagna: guerra civile 1936-1939. 70° anniversario. Per le vivissime passioni e la violenta faziosità che suscitò e per il coinvolgimento ideologico che contrassegnò i due schieramenti contrapposti, la guerra civile di Spagna fu un conflitto ben diverso da tutti gli altri.
Le sue origini risiedono nelle ingiustizie sociali che da secoli affliggevano questo Paese. Spinto dalle pressioni dei movimenti più radicali il nuovo governo del fronte popolare, composto dai partiti della sinistra, laico-borghesi ed autonomisti catalani, baschi e galiziani (Republicanos), che aveva vinto di misura le elezioni del 1936, avviò un programma (abolizione del latifondo, introduzione del divorzio, confisca dei beni ecclesiastici, ecc.) che avrebbe dovuto rapidamente trasformare una società semimedievale in una democrazia ultramoderna: tutto questo diede adito a una serie di violenze e attentati da ambo le parti, che culminò nel luglio 1936  nella sollevazione di gran parte dei vertici militari appoggiati dai partiti della destra: falangisti (i fascisti spagnoli), monarchico-carlisti e cattolici tradizionalisti (Nacionales).
Ne scaturì una feroce guerra fra quest’ultimi ed il governo legittimo della Repubblica che, oltre le operazioni militari, degenerò in una inaudita mattanza di civili alla quale l'Europa guardò inorridita. Nei territori controllati dai governativi venne tra l’altro perseguitata (con l’eccezione del clero basco, schieratosi con la repubblica) la Chiesa cattolica, tradizionale sostenitrice del latifondo e della conservazione, mentre nelle zone conquistate dai nazionalisti venne estirpato l’associazionismo politico-sindacale popolare e democratico.
L'Italia fascista e la Germania nazista schierarono proprie truppe a fianco del generale Franco, capo degli insorti nazionalisti, mentre migliaia di volontari antifascisti (fra i quali molti italiani) affluirono in territorio iberico per costituire le Brigate internazionali. Il governo legittimo, stante l'ambigua neutralità delle democrazie occidentali,  trovò concreto aiuto in mezzi e materiali soltanto nell'Unione Sovietica che così acquisì influenza determinante finendo per trasformare il conflitto spagnolo, agli occhi di parte dell'opinione pubblica europea, da guerra tra democrazia e fascismo in guerra tra fascismo e comunismo.
Ugualmente, col tempo, si produsse una sanguinosa frattura all’interno del fronte repubblicano fra quei partiti (comunisti, socialisti moderati e centro-sinistra borghese) che, appoggiati dall’Urss,  vedevano come unico obiettivo prioritario la vittoria della guerra e chi (anarchici – che godevano di un notevole seguito popolare - filotrotskisti del Poum e socialisti massimalisti) voleva introdurre nel contempo misure economico-sociali di carattere collettivistico.La repressione attuata dai filosovietici contro delle forze dell’”ultrasinistra”  si estese poi, verso il finire della guerra, contro tutti coloro che mal sopportavano l’influenza  staliniana, provocando come reazione, nel marzo 1939,  il colpo di stato repubblicano-borghese del colonnello Casado.
Anche per l’esplodere di queste laceranti divisioni interne la Repubblica, dopo quasi tre estenuanti e duri anni di guerra, nell'aprile 1939 collassò e venne definitivamente sconfitta. Franco occupò così tutta la Spagna, proseguendo nella sua opera di capillare repressione delle forze antifasciste ed imponendo una dura dittatura di tipo fascista che si protrarrà fino alla sua morte avvenuta nel 1975. Le ripercussioni politiche ed emotive della guerra civile spagnola andranno ben oltre i confini della nazione: a seconda dei punti di vista sarà considerata una guerra tra tirannia e democrazia, fascismo e libertà, cattolicesimo e bolscevismo o comunismo e civiltà,  ed in seguito guardata anche come un'anteprima della seconda guerra mondiale.
Il numero complessivo delle vittime delle guerra civile è stato a lungo dibattuto, con stime che vanno dalle 500.000 ad un milione di. persone. Molti artisti ed intellettuali spagnoli vennero uccisi o costretti all'esilio L'economia del Paese ebbe bisogno di decenni per pervenire allo straordinario recupero ed alla crescita odierna che fa della Spagna uno dei paesi all’avanguardia in Europa."

                                      



                                       Carlo Onofrio Gori   



Carlo Gori - Carlo O. Gori - Carlo Onofrio Gori

Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.









                                               

Publicado en 2006 aniversario del inicio de la Guerra Civil Española de 1936. Hoy no tengo mucho que añadir a lo que he escrito brevemente, en esta ocasión, a excepción de una ligera modificación a la final sugerida por la actual crisis económica y financiera, prevenutaci los Estados Unidos en 2008, contra la cual  España, así como la nuestra Italia, y el resto de otros países europeos está luchando actualmente."España: la Guerra Civil 1936-1939. 70 aniversario. Para pasiones más vivas y el faccionalismo violento inspirado y la participación ideológica que marcó los dos lados opuestos, la Guerra Civil Española fue un conflicto muy diferente de todos los demás.Sus orígenes se encuentran en las injusticias sociales que aquejaban a este país desde hace siglos. Impulsado por la presión de los movimientos más radicales, el nuevo gobierno del Frente Popular, integrado por los partidos de izquierda, seculares separatistas burguesas y catalán, euskera y gallego (Republicanos), que habían ganado la medida en que las elecciones de 1936, inició un programa (abolición de fincas, la introducción del divorcio, la confiscación de los bienes eclesiásticos, etc) que rápidamente se transforman una sociedad en un ultramoderno semimedievale democracia:. todo esto dio lugar a una serie de ataques y violencia en ambos lados, que culminó en el levantamiento de julio 1936 de la mayoría de los militares apoyados por los partidos de derechas: falangistas (los fascistas españoles)-monárquicos carlistas y católicos tradicionalistas (Nacionales).El resultado fue una guerra feroz entre éstos y el gobierno legítimo de la República, así como las operaciones militares, degeneró en una matanza sin precedentes de la población civil que Europa miraba horrorizado. En los territorios controlados por el gobierno fue perseguido entre sí (con la excepción del clero vasco, schieratosi con la república), la Iglesia Católica, partidario tradicional de la masa y la conservación, mientras que en las zonas conquistadas por los nacionalistas fue erradicada y asociaciones políticas unión popular y democrático.nLa Italia fascista y la Alemania nazi reunió a sus tropas en el lado del general Franco, jefe de los insurgentes nacionalistas, mientras que miles de antifascistas voluntarios (incluyendo muchos italianos) fluyeron en el territorio ibérico para formar las Brigadas Internacionales. El gobierno legítimo, dada la ambigua neutralidad de las democracias occidentales, encontró ayuda concreta en los equipos y materiales a fin de que sólo la Unión Soviética adquirió influencia decisiva eventualmente transformar el conflicto español, a los ojos de la opinión pública europea, la guerra entre la democracia y el fascismo en la guerra entre el fascismo y el comunismo. Del mismo modo, con el tiempo, produjo una ruptura sangrienta dentro del frente republicano entre las partes (comunistas, socialistas y burgueses moderados de centro-izquierda), quien, apoyado por la URSS, considerado como el único objetivo de la victoria de la guerra y que (anarquistas - que gozaba de considerable seguimiento popular - filotrotskisti el POUM y los socialistas maximalistas) quiso introducir al mismo tiempo mide la represión de carácter socio-económico collettivistico.La por los soviéticos contra las fuerzas de la "ultra-izquierda" y luego se extendió hacia el final de la guerra contra todos aquellos que resentían la influencia de Stalin, causando una reacción, en marzo de 1939, el golpe de Estado burgués republicano coronel Casado.
Por la explosión de estas divisiones internas desgarrando la República, después de casi tres años de guerra difícil y agotador, se derrumbó en abril de 1939 y fue finalmente derrotado. Franco tardó tanto en toda España, continuando con su labor de represión generalizada de las fuerzas anti-fascistas y la imposición de una férrea dictadura de tipo fascista que duraría hasta su muerte en 1975. Las repercusiones políticas y emocionales de la guerra civil española irá mucho más allá de las fronteras de la nación en función de su punto de vista se considera una guerra entre la democracia y la tiranía, el fascismo y la libertad, el catolicismo y el comunismo o bolchevismo y civilizaciones, y luego vio como Una vista previa de la segunda guerra mundial. El número total de víctimas de la guerra civil ha sido durante mucho tiempo objeto de debate, que se estima entre 500.000 y un millón. personas. Muchos artistas e intelectuales españoles fueron asesinados u obligados a exiliarse La economía del país necesitan décadas para llegar a la extraordinaria recuperación y crecimiento que hoy convierte a España en uno de los países líderes en Europa ".
                                                                                                                                                                                "carlo gori"

martedì 13 novembre 2012

Carlo O. Gori. Storia: 28 ottobre 1922 e un libro...


Ricorrenze: un 28 ottobre… “diverso”

Non molti giorni fa, il 28 ottobre, era l’anniversario, rilevato dai media, della cosiddetta “marcia su Roma” del 1922: avevo in casa una vecchia edizione per gli Oscar Mondadori del luglio 1968 del libro di Emilio Lussu Marcia su Roma e dintorni e mi ha fatto piacere rileggerlo, molto più di tanti barbosi saggi (gli storici italiani saranno anche bravi, ma generalmente (con rare e preziose eccezioni) nelle loro pubblicazioni dimostrano, come scrittori, di essere ben poca cosa, a differenza ad. es. degli storici anglosassoni.
Avevo già scritto sulla "marcia" a proposito dell'esperienza dei fascisti pistoiesi (vd. http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.it/2012/01/storia-avventure-di-viaggio-giovedi-06.html), ma mi fa piacere tornare ora su quell'esperienza con questa mia breve nota. Pertanto riporto qui sotto una riproduzione della quarta di copertina di quel libro e poi una breve biografia di Emilio Lussu.
“Scritto originariamente per il pubblico francese e angloamericano, Marcia su Roma e dintorni apparve per la prima volta in edizione italiana a Parigi nel  lontano 1933. L'autore lo pubblicò quindi in pieno fascismo e a breve distanza dagli avvenimenti che narrava e che lo avevano visto prima oppositore tenace del nuovo regime, poi perseguitato e messo in carcere e infine esule a Parigi dopo un'avventurosa fuga da Lipari con Carlo Rosselli e Fausto Nitti. Il racconto autobiografico, che abbraccia il decennio 1919-1929, narra il sorgere e il dilagare del fascismo, soprattutto in Sardegna: dalla costituzione dei primi fasci, accolti con diffidenza o ostilità dalla gente dell'isola, alle proditorie aggressioni degli squadristi e alle vere e proprie spedizioni armate contro popolazioni  inermi, per finire conia conquista incontrastata del potere e la soppressione di ogni legalità. E poiché all'evolversi della situazione in Sardegna si accompagnava un processo analogo in tutto il paese, Lussu descrive anche questo, a grandi linee, nella sua veste di membro del Parlamento. Assistiamo così ai tentennamenti del  governo Facta e del re, alla marcia su Roma, ai delitto Matteotti, alla secessione aventiniana. Avvenimenti politici ed episodi personali si alternano in una narrazione piena di freschezza e vivacità, in cui non vengono mai meno - neppure nei punti più drammatici - l'ironia e il sarcasmo, quasi attributi con naturali a una prosa dotata di una forza di suggestione difficilmente eguagliabile!”
Emilio Lussu nacque nel 1890 ad Armungia (Cagliari) un piccolo paese della cui vita sempre conserverà il ricordo ritenendola fondamentale per la sua formazione democratica. Nel 1915 si laurea in giurisprudenza, e favorevole all’entrata in guerra contro l’Austria aderisce all’interventismo “democratico”, di matrice “irredentista-risorgimentale (ben diverso dall’ interventismo “espansionista” e “nazionalista” del quale uno dei più importanti fautori fu ad esempio Ferdinando Martini sul quale abbiamo già scritto, vd. http://goriblogstoria.blogspot.it/2011/12/carlo-onofrio-gori-risorgimento-storia.html ).
Conseguentemente partecipò volontario alla Prima Guerra Mondiale come capitano di fanteria della Brigata “Sassari”. La guerra segnò in lui, pur in quei frangenti leggendario combattente pluridecorato, una maturazione in senso pacifista e antimilitarista come testimoniò nel celebre suo romanzo autobiografico Un anno sull’altipiano da cui negli anni ’70 venne tratto il noto film del regista Francesco Rosi Uomini contro .
Il 1915-’18 fu quindi l’occasione in cui, non soltanto Lussu, ma una  generazione di contadini e pastori sardi, ebbero la possibilità di aprire gli occhi sulla propria condizione sociale: la guerra diventò perciò in un certo senso anche “scuola rivoluzionaria”.
Nella  Sardegna del dopoguerra, fortemente impoverita dagli effetti del conflitto, Lussu con Camillo Bellieni, Paolo Pili, Pietro Mastino ed altri leaders degli ex-combattenti sardi fu, tra il 1919 e il 1921, fra i fondatori e dirigenti del Partito Sardo d'Azione, movimento di massa  autonomista e federalista, che  si poneva a sinistra come portatore delle istanze delle classi proletarie, coinvolgendo nelle sue fila i contadini e pastori sardi e soprattutto gli iscritti all'Associazione Nazionale Reduci e Combattenti,  in nome della distribuzione delle terre e dei pascoli, contro i ricchi possidenti agrari e i partiti politici da loro sostenuti .  
Il periodo 1921-1924 segnò l’ascesa del movimento fascista. Il sardismo si divise: gli emissari isolani di Mussolini portarono abilmente fra le loro fila una parte del Partito Sardo d'Azione, e lo stesso Lussu, eletto deputato nelle elezioni del 1921 e del 1923, inizialmente non soppesò appieno il pericolo di un dialogo con i fascisti. Tuttavia ben presto maturò una posizione di antifascismo intransigente.
In seguito al delitto Matteotti, prese parte alla parlamentare «secessione aventiniana» e per questo nel ’26 fu venne dichiarato decaduto da deputato e subì le persecuzioni fasciste: clamorosa fu in quell’anno l’assalto alla sua casa degli squadristi sardi durante la quale Lussu fu  costretto ad uccidere uno degli aggressori. Al processo i  magistrati lo assolsero per legittima difesa, ma subito dopo venne contemporaneamente confinato dal governo fascista nell’isola di  Lipari.
Al confino incontrò il fiorentino Carlo Rosselli, un altro personaggio eminente del movimento antifascista.  Nel luglio del 1929 Lussu e Rosselli, con Fausto Nitti, e contando sull’indispensabile aiuto di Gioacchino Dolci e Paolo Fabbri, riuscirono a fuggire dal  onfino e dall’Italia utilizzando un motoscafo pilotato dal socialista Italo Oxilia. Lussu doi i suoi compagni, dopo esser passato per la Tunisia, raggiunge Parigi, scrive un libro (La catena) sugli avvenimenti di quel decennio e si mette in contatto con gli altri  fuoriusciti italiani riuniti intorno alla figura di Gaetano Salvemin che di lì a poco fondano il movimento Giustizia e Libertà .
Nella capitale francese Emilio incontrerà  Joyce Salvatori, donna straordinaria, colta e coraggiosa, che sposerà e che gli darà un figlio, Giovanni.
In Giustizia e Libertà, fulcro della propaganda antifascista in Italia e all'estero, alla cui attività politica e culturale partecipa attivamente, anche collaborando con assiduità al settimanale ed ai “quaderni” del movimento (e questo malgrado le sue precarie condizioni di salute) Lussu rappresenterà la corrente favorevole ad un consapevole e spiccato orientamento politico liberalsocialista proponendo metodi rivoluzionari per abbattere il regime fascista e le sue cause culturali, economiche, politiche. Nel 1937 quando Carlo Rosselli viene assassinato in Francia da emissari del regime fascista, Lussu ne eredita la guida del movimento Giustizia e Libertà .
Inizia col nome in codice di "Mister Mills", un intenso lavoro “sotterraneo”  (Diplomazia clandestina ) perseguendo un  progetto di un colpo di mano che permetta di far crollare il regime fascista partendo  dall'insurrezione della Sardegna. Nel 1931 scrive "Marcia su Roma e dintorni" riguardante gli avvenimenti che lo videro protagonista a partire dal dopoguerra fino all'evasione da Lipari. Nel 1936 fu in Svizzera per curare la tubercolosi contratta in prigionia, e qui scrisse anche il suddetto noto libro Un anno sull'altipiano.
Prese poi parte nel fronte antifranchista (anche se soltanto brevemente, a causa delle sue cattive condizioni di salute) alla guerra civile spagnola.
Solo dopo l'armistizio del 1943 avvenne il suo ritorno in Sardegna e nell’ Italia ben presto occupata dai nazisti. Seppe della nascita del clandestino Partito d'Azione e malgrado varie divergenze politiche operò affinché Giustizia e Libertà si fondesse con esso. A fusione avvenuta divenne uno dei leader della nuova formazione politica, si trasferì nella Roma occupata dai nazisti e insieme a Ugo La Malfa partecipò alla Resistenza reggendo il partito sino alla conclusione della guerra.
Dopo la Liberazione fu esponente di punta dell'ala socialista del partito e guidò lo scontro contro la corrente liberaldemocratica e filocentrista di Ugo La Malfa, un conflitto che finirà per segnare  la scomparsa del Partito d'Azione. In questo periodo, nei governi di unità antifascista, assunse l’incarico di ministro sotto Parri e sotto De Gasperi e fu inoltre deputato alla Costituente e senatore di diritto. Mantenne sempre stretti rapporti con il Partito Sardo d'Azione,  ma il “suo” partito, che Lussu aveva lasciato al momento dell’esilio su posizioni di sinistra, era ora retto, sulla spinta degli umori separatisti, da una maggioranza moderata di ceti proprietari e delle libere professioni. Perse la sua battaglia per riportare il partito allo spirito originario e con la sua corrente, che trasformò nel 1948 in Partito Sardo d'Azione Socialista, confluì nel Partito Socialista Italiano.
La sua esperienza da parlamentare socialista fu ricca di interventi infuori e dentro il Parlamento: dalla questione dell’adesione alla NATO al riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese, dalla difesa dell’Italia repubblicana democratica e antifascista, alle lotte  per lo sviluppo economico e il progresso sociale della sua Sardegna.
Il 1964 quando la decisione di Nenni di entrare col PSI nel governo di centrosinistra a guida democristiana provoca la scissione che porta la sinistra socialista alla fondazione del Partito Socialista di Unità Proletaria (PSIUP) aderisce alla nuova formazione alleata del PCI.  Nel 1972 la sconfitta elettorale del PSIUP accelera l’adesione della maggioranza del partito al PCI, ma Lussu, coerentemente con la sua storia, rifiuta di confluire sia quel partito, come nel PSI oppure nell’area della “nuova sinistra”, verso cui si dirigono le minoranze.
Si dedica a studi storici ed attività pubblicistica e muore a Roma nel 1975.

                                        Carlo Onofrio Gori




Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.




Carlo Gori - Carlo O. Gori - Carlo Onofrio Gori

Carlo O. Gori. Attualità e storia: riassetto amministrativo province toscane


1923-2013...Toscana: cartine e…riassetti amministrativi

(Una riflessione da post pubblicati sul mio diario Facebook) . 
Qui di fianco la cartina della Toscana con le Province del 1923 ed accanto quella ipotizzata dal 2013.
1923: Firenze, Arezzo, Grosseto, Siena, Massa, Lucca, Pisa (grandissima), Livorno (piccolissima). In alto a destra., in rosso, quella parte di "Romagna Toscana" (prov. FI) che quell'anno venne deciso di passare alla prov. di Forlì in Emilia-Romagna.
Sotto la Provincia di Firenze nel 1924 (da cartina conservata nella Biblioteca Marucelliana di Firenze)
Le zone in colore diverso sono i Circondari all'interno della Provincia di Firenze che erano 3, quelli di: Pistoia, San Miniato, e Rocca San Casciano (quest'ultimo ceduto alla Prov. di Forlì).
Fabio Pacini: Successivamente,nel 1928, fu eretta ,come sappiamo,la provincia di Pistoia,includendo anche la Valdinievole da Lucca,venne annessa a Forlì la zona di Rocca san casciano e venne annessa a Pisa la parte delk territorio di san Miniato,ma non quella di Empoli. Una soluzione, al tempo,molto rispetttosa della storia e delle tendenze geoeconomiche delle varie parti: la cosidetta " Romagna granducale,già da sempre abitata da romagnoli gravitava su Forlì,la zona di San Miniato era da sempre pisana in quanto " naturalmente" ghibellina ( San Miniato era detta " al tedesco " in quanto sede del vicario imperiale in Toscana) e Pistoia meritava per vari motivi la sua provincia, già eretta dal Granduca negli stessi confini ( più Altopascio)
Carlo Onofrio Gori: Esatto, Fabio, non ho niente da aggiungere a quello che hai scritto, salvo, guardando la cartina della Toscana che ho postato un precedenza (o quella nella carta qui sotto piccola in basso a destra), che venne allargata, a spese di quella di Pisa, la Prov. di Livorno, già punita dal Granduca per la rivolta del 1848-49...
Fabio Pacini: E' verissimo, Carlo. La provincia di Livorno era piccolissima e mi sembra che giustamente il vasto territorio, storicamente pisano,venne suddiviso fra le due province. In quegli anni venne anche istituita la provincia di la Spezia,scorporandola da Genova.

                                                                      
       
                                                    
                               (Carlo O. Gori)





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Carlo Gori - Carlo O. Gori - Carlo Onofrio Gori






(Pubblicato anche su Goriblostoria)

domenica 11 novembre 2012

Carlo O. Gori. Aldo Capitini "rivoluzionario pacifista"

Ricordo di Aldo Capitini (1899-1968)


Fu nel pieno di quel “mitico”, ed oggi spesso vituperato, Sessantotto, dell’ormai “secolo scorso”, eccezionale giovanile stagione di fermenti sociali e di entusiasmanti speranze di “immaginazione al potere”, che il 19 ottobre Aldo Capitini moriva a Perugia: la sua personale ed integrale “contestazione al sistema” , diuturna ed implacabile, datava fin dagli anni Trenta, non conoscendo, come poi accadde per quella "sessantottina", "flussi e riflussi", ed oggi, a conti fatti, è proprio lui, fisicamente piccolo e goffo, che invece emerge come uno dei più grandi e seri “rivoluzionari” che il nostro Paese abbia mai avuto.
Capitini era nato nel capoluogo umbro il 23 dicembre 1899. Filosofo, educatore, politico, antifascista, liberalsocialista, animalista, laico ed insieme “religioso-scomodo”, l’eccezionale figura di questo intellettuale schivo e dimesso, mite ma intransigente, che in pieno fascismo, andando due volte in galera, fondò il movimento nonviolento del nostro Paese, viene spesso riassunta, dagli “addetti ai lavori” nella definizione di “Gandhi italiano”.
A tutt’oggi sconosciuto ai più, il suo pensiero ed il suo esempio di vita restano il paradigma ammonitorio di come dovremmo tutti diventare per essere migliori e vivere meglio, se ciascuno di noi sapesse mettere da parte arroganza, egoismi sopraffattori e guerrafondai e di come invece non ci riesce (o non vogliamo) essere e non siamo. Insomma un “guardarsi dentro” per cambiare “nel profondo” individualmente e collettivamente, volgendo lo sguardo all’orizzonte.  
“Gandhi italiano”, era una definizione sulla quale Capitini aveva molte perplessità: forse perché in questa Italia “civile”  e carica di storia non riuscì ad avere il seguito che ebbe il Mahatma nell’allora ”arretrata” India ed anche per questo oggi, nel nostro Paese il ricordo di Capitini resta soprattutto legato all’appuntamento biennale della “Marcia (Perugia-Assisi) per la Pace e la Fratellanza dei Popoli” che lui per la prima volta organizzò la Domenica del 24 settembre 1961 (nella foto qui sopra qui sopra lo vediamo al centro con sulla destra Italo Calvino).
Del resto affermò:   “Io non dico: fra poco o molto tempo avremo una società che sarà perfettamente nonviolenta... a me importa fondamentalmente l'impiego di questa mia modestissima vita, di queste ore o di questi pochi giorni; e mettere sulla bilancia intima della storia il peso della mia persuasione” (Elementi di un'esperienza religiosa - 1937).
Ed in effetti, se non altro, qualcosa del suo insegnamento improntato al rispetto assoluto della vita per tutti gli esseri viventi,  uomini ed  animali, sembra farsi sempre più strada nelle coscienze di molti anche in questo periodo che il “potere”  ha voluto venisse segnato dalla “novità” di un liberismo consumista egoista e stupidamente violento e sfrenato, salvo poi preoccuparsi per i recenti disastri finanziari e per i loro devastanti effetti.  Ad esempio il balenare in qualcuno di una certa consapevolezza del rispetto per gli animali, che in Italia, obiettivamente, non è più quella, praticamente inesistente, di trenta o quarant’anni fa.
Capitini  fu uno dei primi animalisti italiani: “Col vegetarianesimo si decide di rinunciare al cibo che comporti uccisione di animali; e con ciò stesso muta il nostro modo di avvicinarci ad essi, il nostro modo di considerarli [...]. Questa "sospensione" introdotta nella leggerezza sterminatrice e nella freddezza utilitaria si riflette in accrescimento di valore interiore. Io [...] mi decisi al vegetarianesimo nel 1932, quando, nell'opposizione al fascismo, mi convinsi che l'esitazione ad uccidere animali avrebbe fatto risaltare ancora meglio l'importanza del rispetto dell'esistenza umana.” (Il problema religioso attuale - 1948). Avere sensibilità verso gli animali se non addirittura essere vegetariani, anche se tuttavia rimane un pregio, oggi non è più una virtù di pochi, altro discorso era condividere questa scelta nel 1952, allorché Aldo Capitini fondava con un gruppetto di “alieni” l' Associazione Vegetariana Italiana: una scelta che poteva sembra allora ai superficiali e disinformati come una nostrana imitazione del modello gandhiano, ma che invece aveva radici profonde e sentite. Ma veniamo a ripercorrere brevemente la sua vita.
Figlio di una sarta e di un impiegato comunale, Capitini affronta per necessità economica gli studi tecnici e dopo esser uscito dall'istituto per ragionieri, da autodidatta si dedica dai 19 ai 21 anni alla lettura dei classici latini e greci: a volte studia anche dodici ore avviando così un percorso ininterrotto di riflessione filosofica ed interiore. Le sue letture spaziano da Kant a Kierkegaard a Ibsen,  Leopardi, Manzoni, Boine, D'Annunzo, Slataper, Jahier, Michestaedter,  Marinetti, Gobetti, si avvicina poi alla Bibbia e rimane profondamente influenzato dal Vangelo, e da grandi figure, sia religiose che laiche, come Francesco d'Assisi, Mazzini, Tolstoj e Gandhi.
Così, dopo aver vinto una borsa di studio per il curriculum di lettere e filosofia, arriva nel 1924 alla prestigiosa  Scuola Normale Superiore di Pisa, diretta dal filosofo fascista Giovanni Gentile, e l’anno dopo ne diventa segretario.
E’ un periodo in cui il duro scontro fra il regime e la Chiesa sulle funzioni dell' Azione cattolica ha molti strascichi all' interno delle università italiane e in questo ambito Capitini dimostra ben presto la sua indole “scomoda”: i Patti Lateranensi del 1929 lo vedono emergere come critico audace e coraggioso di un Concordato visto come compromesso fra Chiesa e Fascismo ("se c'è una cosa che noi dobbiamo al periodo fascista è di aver chiarito per sempre che la religione è una cosa diversa dall'istituzione").
Matura intanto la scelta del vegetarianesimo come conseguenza estrema della scelta di non uccidere, ed insieme al suo compagno di studi Claudio Baglietto organizza clandestinamente tra gli studenti riunioni serali dove diffonde e discute scritti sulla nonviolenza e la necessità di combattere la menzogna di regime con spirito di apertura verso tutti, senza distinzione di sesso, di razza, di censo.
Riesce per un po’ di tempo a farla franca, ma il caso scoppia quando Gentile propone una decorazione per i suoi collaboratori, fra i quali il segretario Capitini,  e quest’ultimo con un lunga lettera espone le ragioni per cui non avrebbe potuto accogliere una onorificenza fascista:  “Ho preso in esame…dal punto di vista religioso il problema della violenza e l' insegnamento ad avere fiducia in essa, e mi è sembrato che quell' insegnamento sia un errore e riveli mancanza di profonda fede nello spirito perché l' amore è veramente spirituale solo quando è infinita possibilità di amare - e perciò la religione è educazione all' amore - mentre l' amore deliberatamente limitato è idolatria o superstite egoismo”. Ciò si aggiunge alla clamorosa presa di posizione di Baglietto, amico di  Capitini, che inviato da Gentile con una borsa di studio in una Germania non ancora nazista per seguire i corsi di Martin Heidegger, rifiuta di tornare in Italiain quanto pacifista ed obiettore di coscienza al servizio militare.
Si impongono misure drastiche: Gentile convoca Capitini e dopo un breve colloquio lo licenzia, «Ma non appena il giovane pacifista uscì dalla sala -come scrive Sergio Romano (Corriere della Sera, luglio 2006) -  il filosofo si voltò verso Francesco Arnaldi, vice direttore della Scuola, … e disse “Abbiamo fatto bene a mandarlo via perché, oltre tutto, è un galantuomo”».
Capitini  è da allora costretto a tornare nella casa paterna di Perugia, vivendo di lezioni private e tra il  1933-34 intesse una fitta rete di contatti con numerosi amici antifascisti compiendo vari viaggi a Firenze, Roma, Torino e Milano mentre nel 1936, a Firenze, conosce in casa di Luigi Russo, Benedetto Croce, cui affida suoi scritti che il filosofo apprezza e fa pubblicare nel gennaio dell'anno seguente presso l'editore Laterza di Bari con il titolo Elementi di un'esperienza religiosa
Il  libro, nel quale si riflettono le sue idee di libertà individuale e di uguaglianza sociale, riesce ad avere larga diffusione e ben presto diviene uno fra i maggiori riferimenti letterari dei giovani antifascisti, in quest’ambito Capitini promuove assieme a Guido Calogero un progetto politico liberalsocialista che nel 1937  (anno segnato da una forte ondata di violenza repressiva contro l'opposizione antifascista, dall'assassinio dei Fratelli Rosselli e dalla morte di Antonio Gramsci) sfocierà nel "il manifesto del liberalsocialismo".
Nel febbraio 1942 Capitini cade insieme al gruppo dirigente liberalsocialista  in una retata della polizia fascista e viene trasferito nel carcere fiorentino delle Murate dal quale verrà rilasciato quattro mesi dopo in virtù della sua fama di “religioso” il che, tempo dopo, lo porterà a commentare: “Quale tremenda accusa contro la religione, se il potere ha più paura dei rivoluzionari che dei religiosi”.
Verrà nuovamente arrestato nel maggio dell’anno successivo e tradotto nel carcere di Perugia, e questa volta per la liberazione dovrà attendere la caduta del fascismo del 25 luglio.
Intanto nell’agosto 1943 dal Movimento Liberalsocialista e da “Giustizia e Libertà” nasce il Partito d’Azione: Capitini, coerente col suo rifiuto di collocarsi all'interno delle logiche dei partiti, non vi aderisce e per questo, malgrado il suo notevole contributo all’antifascismo repubblicano rimarrà escluso sia dal CLN che dalla Costituente.
Nel 1944 Capitini fonda a Perugia il primo Centro di Orientamento Sociale (COS), un primo esperimento di democrazia diretta e di decentralizzazione del potere, un ambiente progettuale e uno spazio politico "non violento, ragionante, non menzognero",  aperto alla libera partecipazione degli amministratori locali e dei cittadini.
I COS, che riescono  a dar vita con discreto successo ad esperimenti di autogoverno e di decentralizzazione del potere, riusciranno a diffondersi su scala nazionale, ma il successivo, fatale,  scontro con l'indifferenza della sinistra e con l'aperta ostilità della Democrazia Cristiana praticamente ne decreterà la fine.
Capitini nel frattempo diviene rettore dell’Università per  Stranieri di Perugia,  incarico che sarà costretto a lasciare  a causa delle fortissime pressioni contrarie esercitate della Chiesa cattolica locale, trasferendosi poi all'Università degli Studi di Pisa, come docente incaricato di filosofia morale.
Parallelamente all'attività didattica, pedagogica e politica Capitini prosegue la sua attività di ricerca spirituale e religiosa, promovendo insieme Ferdinando Tartaglia, una interessante e dimenticata figura di intelletuale ed ex-prete cattolico di Firenze, il “Movimento di Religione” che  dopo una serie di convegni tenutisi negli anni 1946-1948 il organizzerà a Roma (13/15 ottobre 1948) il "Primo congresso per la riforma religiosa".
Nel 1950 Capitini, dopo l’arresto nel 1948 di Pietro Pinna, primo obiettore di coscienza italiano e suo seguace, convocherà a Roma il primo convegno italiano sull’Obiezione di Coscienza.
In occasione del quarto anniversario dell'uccisione di Gandhi, Capitini promuove nel 1952 un convegno internazionale e fonda il primo Centro per la Nonviolenza e sempre in quell’anno  affianca ai Centri di Orientamento Sociale  il Centro di Orientamento Religioso (COR) con lo scopo di favorire la conoscenza anche di religioni diverse dalla cattolica, e di stimolare i cattolici stessi ad un approccio più critico e impegnato alle questioni religiose.
Ovviamente le alte gerarchie ecclesiali vietano ai fedeli la frequentazione dei COR e quando nel 1955 Capitini pubblica il libro Religione aperta lo inseriscono nell’ Indice dei libri proibiti, nonostante ciò Capitini riesce a stabilire fattivi rapporti di collaborazione con figure prestigiose di cattolici “scomodi” come Don Primo Mazzolari e Don Lorenzo Milani, tuttavia anche dopo il Concilio Vaticano II con la pubblicazione del libro Severità religiosa per il Concilio continuerà la polemica tra Capitini e la Chiesa Cattolica.
Nel settembre del 1952 Capitini organizza un convegno su "La nonviolenza riguardo al mondo animale e vegetale" e fonda, come abbiamo già ricordato,  la Società Vegetariana Italiana, poi Associazione Vegetariana Italiana.
Dal 1956 Capitini insegna all’Università di Cagliari come docente ordinario di Pedagogia e nel 1956 ottiene il trasferimento definitivo a Perugia. Nel 1959 è tra i fondatori dell’Associazione di Difesa e Sviluppo della Scuola Pubblica in Italia.
E’ poi del 1961, come abbiamo già detto, organizza la Marcia per la pace Perugia-Assisi: “Aver mostrato che il pacifismo, che la nonviolenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti - affermerà -  ma sono attivi e in lotta, con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non-collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della Marcia”(Opposizione e liberazione).
L'impegno di Capitini per la pace internazionale e contro gli armamenti atomici lo coinvolgerà sempre più in una collaborazione col filosofo Norberto Bobbio, che raccoglierà in frutto di tali riflessioni nel libro  Il problema della guerra e le vie della pace.
Negli ultimi anni della sua vita Capitini fonda e dirige un periodico intitolato “Il potere di tutti”, sviluppando i principi della gestione diffusa e decentrata del potere che lui chiamava "omnicrazia" e che contrapponeva al centralismo dei partiti e dà vita al Movimento Nonviolento per la Pace ed al mensile "Azione nonviolenta”.
Il 19 ottobre 1968, in seguito ad un intervento chirurgico, muore circondato da amici e allievi.
Sulla sua tomba venne scritta l’epigrafe “Libero religioso e rivoluzionario nonviolento”.
Il sociologo Danilo Dolci, suo compagno di tante battaglie,  così efficacemente ed umanamente riuscì in poesia (Poema umano, 1974) a sintetizzarne la figura: “Era impacciato a camminare / ma enormemente libero e attivo, / concentrato ma aperto alla vita di tutti, / non ammazzava una mosca / ma era veramente un rivoluzionario, / miope ma profeta.”
Ed a più di quarant’anni dalla morte, guardando ai fatti d’oggi e riflettendo sulla sua opera e sul suo esempio, pur non considerandoci nonviolenti "integrali" ed "assertivi" come era lui, anche noi possiamo fare a meno di sentire ancora viva e valida la necessità della sua “compresenza”.

      



                                  


                        Carlo Onofrio Gori   



Carlo Gori
Carlo O. Gori
Carlo Onofrio Gori


Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.


I remember Aldo Capitini (1899-1968)
It was in the midst of the "mythical", and now often reviled, sixty-eight, of the now "the last century", an exceptional season of youth unrest and exciting hopes of "imagination in power", which on October 19 Capitini Aldo died in Perugia : his personal and integral "to challenge the system," diuturna and implacable, dated back since the thirties, not knowing, as it turned out for the "sessantottino", "ebbs and flows", and today, all things considered, it's him physically small and awkward that we usually see as one of the largest and most serious "revolutionary" that our country has ever had.
Capitini was born in Perugia December 23, 1899. Philosopher, educator, politician, anti-Fascist, Liberal, animal, together secular and "religious-awkward", the outstanding figure of the intellectual self-effacing and humble, gentle but intransigent in full fascism, going twice in jail, founded the movement nonviolent in our country, is often summarized, the "experts" in the definition of "Gandhi's Italian."A still unknown to most people, his thoughts and his example of life are the paradigm of how we should all be admonitory to be better and live better, if each of us knew to put aside arrogance, selfishness conquerors and warmongers and how instead he can not (or will not) be and are not. In short, a "look inside" to change "deep" individually and collectively, looking at the horizon."Gandhi Italian" was a term on which Capitini had many doubts, perhaps because in Italy this "civil" and full of history could not have had more than the Mahatma in the then "backward" India and also why today, in our country the memory of Capitini is mainly related to the appointment of the biennial "Running (Perugia-Assisi) for Peace and Brotherhood of Peoples" that he organized the first Sunday of September 24, 1961 (pictured above here above we see it in the middle with the right Italo Calvino).
Besides, he said: "I do not say much or how little time we have between a company that will perfectly nonviolent ... I care fundamentally the use of my modest life, these last few hours or a few days, and put on the intimate scale of the story the weight of my persuasion "(Elements of a religious experience - 1937).And in fact, if anything, something of his teaching marked by absolute respect of life for all living beings, humans and animals, seems to be gaining ground in the minds of many in this period that the "power" wanted being scored the "newness" of a selfish consumerist liberalism and stupidly violent and unruly, but then worry about the recent financial disasters and their devastating effects. For example, the gleam in someone of a certain awareness of respect for animals, and in Italy, objectively, is no longer that, practically non-existent, thirty or forty years ago.Capitini was one of the first Italian animal rights: "With vegetarianism you decide to give up the food that involves killing animals, and thereby changes the way we approach them, the way we consider [...]. This "suspension" introduced in the light of extermination and cold utility is reflected in the growth of inner worth. I [...] I decided to vegetarianism in 1932, when, in opposition to fascism, I was convinced that the hesitation to kill animals would stand out even more the importance of respect of human existence. "(The religious problem current - 1948). Have sensitivity towards animals or even be a vegetarian, but nevertheless remains a virtue, is no longer a virtue of a few, another story was to share this choice in 1952, when Aldo Capitini founded with a group of "aliens" 's Association Italian Vegetarian: a choice that would seem then to the superficial and uninformed as an imitation of our local Gandhian model, but that had deep roots and feel. But let briefly reviewing his life.The son of a seamstress and a municipal employee, Capitini faces economic necessity technical studies after being released by the Institute for accountants, is a self-taught from 19 to 21 years devoted to the reading of Greek and Latin classics: sometimes even twelve studies hours starting as a continuous path of philosophical reflection and interior. His readings ranging from Kant to Kierkegaard, Ibsen, Leopardi, Manzoni, Boine, D'Annunzo, Slataper, Jahier, Michestaedter, Marinetti, Gobetti, then comes to the Bible and was deeply influenced by the Gospel, by and large figures, both religious and secular, like Francis of Assisi, Mazzini, Tolstoy and Gandhi.So, after winning a scholarship to the curriculum of literature and philosophy, came in 1924 at the prestigious Scuola Normale Superiore in Pisa, directed by fascist philosopher Giovanni Gentile, and a year later he became the secretary. It 'a time when the great battle between the regime and the Church on the functions of the' Catholic Action has many trains to 'internal Italian universities and in this context Capitini soon proves his character "uncomfortable": the Lateran Pacts of 1929 see it emerge as a bold and courageous critic of a Concordat seen as a compromise between the Church and Fascism ("If there's one thing we have to the fascist period is to have clarified for all that religion is a different institution") .Mature meanwhile the choice of vegetarianism as an ultimate consequence of the decision not to kill, and with his fellow student Claudio Baglietto organized clandestinely among students evening gatherings where spreads and discusses writings on non-violence and the need to combat the lies of the regime in a spirit of open to all, regardless of sex, race, or wealth.Fails for a little 'time to get away, but the case broke when Gentile proposes a decoration for his staff, including the Secretary Capitini and the latter with a long letter setting out the reasons why he could not accept a Fascist honor: "I have considered ... from the religious point of view the problem of violence and 'teaching to have confidence in it, and it seemed to me that' teaching is a mistake and reveal profound lack of faith in the spirit because 'love is truly spiritual when it is infinite possibilities of love - and therefore religion is education to 'love - while the' love is deliberately limited idolatry or the survivor selfishness. " This adds to the dramatic stance Baglietto, a friend of Capitini, which sent by Gentile with a scholarship in Nazi Germany not yet to follow the courses of Martin Heidegger, refuses to return to Italiain as pacifist and conscientious objector to military service. They impose drastic measures: Dear convene Capitini and after a brief conversation fires him, "But as soon as the young pacifist left the room-writes Sergio Romano (BBC, July 2006) - the philosopher turned to Francesco Amaldi, deputy director School, ... and said, "We were right to send him away because, after all, is a gentleman. '"Capitini is then forced to return to her father's house in Perugia, living on private lessons and between 1933-34 he weaves a dense network of contacts with numerous anti-Fascist friends making several trips to Florence, Rome, Turin and Milan, while in 1936, in Florence , he met in the house of Luigi Russo, Benedetto Croce, which entrusts his writings that the philosopher appreciates and is published in the January of the following year at the publisher Laterza of Bari under the title Elements of a religious experience. The book, which reflects his ideas of individual freedom and social equality, manages to be widely disseminated and soon became one of the greatest literary references of young anti-fascists, in this promotes Capitini with Guido Calogero a political project Liberal in 1937 (a year marked by a wave of repressive violence against anti-fascist opposition, the assassination of the Rosselli brothers and the death of Antonio Gramsci) will result by the "manifesto of the Liberal." In February 1942 Capitini falls together with the Liberal leadership in a police raid fascist and was transferred to the prison Murate Florentine from which will be released four months later because of his reputation as a "religious" which, later, led him to comment "What terrible accusation against religion if the government is more afraid of the revolutionary religious."Will be re-arrested in May of the following year and translated in prison in Perugia, and this time the release will have to wait for the fall of Fascism on 25 July.Meanwhile, in August 1943 by the Liberal Movement and "Justice and Freedom" was born the Action Party: Capitini, consistent with his refusal to be placed within the logic of the parties, there adheres and thus, despite its major contribution to anti-Republican will be excluded from both the CLN that the Constituent Assembly.In 1944, based in Perugia Capitini the first Centre of Social Orientation (COS), a first experiment in direct democracy and decentralization of power, a design environment and a political "non-violent, reasoning, not a liar," open to the free participation of local government and citizens.The COS, which can create reasonably successful experiments in self-government and decentralization of power, will be able to spread on a national scale, but the next one, fatal confrontation with the indifference of the left and the open hostility of the Christian Democrats practically it will decide the end. Capitini meanwhile became rector of the University for Foreigners of Perugia, a position he will be forced to leave because of the strong pressure exercised contrary to the local Catholic Church, and then moved to the University of Pisa, as a lecturer in moral philosophy. In parallel to the educational, pedagogical and political Capitini continues his research spiritual and religious, with Ferdinand promoting Tartaglia, an interesting and forgotten figure of intellectual and former Catholic priest in Florence, the "Movement of Religion" that after a series of meetings held in the year 1946-1948 organized in Rome (13/15 October 1948), the "First Congress for religious reform." Capitini in 1950, after his arrest in 1948 by Pietro Pinna, the first conscientious objector Italian and his follower, will convene in Rome the first Italian conference on conscientious objection. On the occasion of the fourth anniversary of the killing of Gandhi, Capitini promotes an international conference in 1952 and founded the first Center for Nonviolence and in the same year joined the Centers for Social Orientation Center Religious (COR) with the aim of promote knowledge even religions other than Catholic, and Catholics themselves to stimulate a more critical approach and committed to religious matters. Obviously the high ecclesiastical hierarchies prohibit the faithful attendance of COR and when in 1955 he published the book Religion Capitini open it fit in 'Index of prohibited books, although this Capitini unable to establish effective relations of cooperation with prestigious figures of Catholics "uncomfortable" as First Mazzolari Don and Don Lorenzo Milani, but also after the Second Vatican Council with the publication of the book Severity religious controversy between the Council will continue Capitini and the Catholic Church. In September 1952 Capitini organizes a conference on "Non-violence with respect to the animal and plant world" and is, as we have already mentioned, the Company Italian Vegetarian, then Italian Vegetarian Association. Since 1956 Capitini teaches at the University of Cagliari as professor of Education and in 1956 obtained permanent transfer to Perugia. In 1959 he was among the founders of the Association for the Defense and Development of the Public School in Italy. E 'then 1961, as we have already said, is organizing the march for peace Perugia-Assisi: "Having shown that pacifism, nonviolence that are not inert and passive acceptance of the existing evils - affirm - but they are active and fight with its own method which leaves no time to stop in solidarity raises and non-cooperation in the protests, complaints in open, is a great achievement of the March "(Opposition and liberation). Commitment Capitini for international peace and against nuclear weapons it will involve more and more in a collaboration with the philosopher Norberto Bobbio, who gather in the fruit of these reflections in the book The problem of war and the ways of peace. In the last years of his life Capitini founded and directed a periodical entitled "The power of all", developing the principles of management diffuse and decentralized power that he called "omnicracy" and opposed to the centralization of political parties and gives life to the Nonviolent Movement for Peace and the monthly "Nonviolent Action."On October 19, 1968, following surgery, he died surrounded by friends and students. On his grave was written the inscription "Free religious and revolutionary nonviolence."The sociologist Danilo Dolci, his companion of many battles, so effectively and humanely managed in poetry (human Poem, 1974) to synthesize the figure: "It was awkward to walk / but enormously free and active / focused but open to everyone's lives, / not killing a fly / but it was really a revolutionary / prophet but short-sighted. " And more than forty years after his death, watching the events of today and reflecting on his work and his example, while not considerandoci nonviolent "integral" and "assertive" as he was, we also can not help but feel even alive and validates the need for his "presence."

                                                                                                                                                         "carlo gori"

                                                                                          

giovedì 8 novembre 2012

Carlo O. Gori. Portogallo. Il capitano Fernando José Salgueiro Maia "eroe scomodo" della "Rivoluzione dei Garofani"


Fernando José Salgueiro Maia *

In Portogallo il 25 aprile 1974 una sollevazione di militari democratici del clandestino Movimento das Forças Armadas (MFA) abbatteva in modo incruento e in poco più di diciassette ore l'Estado Novo salazariano, la oltre quarantennale dittatura fascista e colonialista portoghese.
Con la “Rivoluzione dei Garofani”, detta così dai fiori messi dalla popolazione esultante nelle canne dei fucili dei soldati, fu costretto alla fuga il presidente Marcelo Caetano, ultimo epigono del salazarismo, furono sciolte le organizzazioni fasciste e la famigerata polizia segreta PIDE, furono liberati i detenuti politici, i partiti uscirono dalla clandestinità.
A seguito della Rivoluzione dei Garofani ci sarà periodo transitorio, conclusosi nel novembre 1975, con il passaggio dei poteri dai militari dell’ MFA ai rappresentanti politici democraticamente eletti, nel corso del quale saranno intraprese importanti riforme, tra cui la nazionalizzazione delle principali industrie e la liberazione di tutte le colonie africane.
Il 25 aprile portoghese sarà quindi un giorno decisivo, non solo per il ritorno della democrazia in Portogallo, ma anche, in seguito al definitivo abbandono di una secolare, sanguinosa ed aggressiva politica coloniale, per l’acquisizione dell’indipendenza di importanti paesi africani come l’Angola , il Mozambico, la Guinea Bissau…ecc.
Fra i tanti che si distinsero nella preparazione e nell’esecuzione della rivolta, il protagonista in assoluto di quella indimenticabile giornata fu indubbiamente Fernando José Salgueiro Maia, un giovane capitano di appena ventinove anni che, segnato come tanti suoi colleghi dalle atrocità delle guerre coloniali, aveva maturato una coscienza democratica e sociale.
E’ appena passata la mezzanotte del 24 aprile del 1974 quando la cattolica Radio Renascença inizia a trasmettere “Grândola, vila morena.”, una canzone del poeta Josè Afonso, proibita dal regime, che parla di fraternità, di pace e di uguaglianza: è il segnale di inizio stabilito dal MFA per dare il via alla rivoluzione.
Maia raduna gli uomini dell’ Escola Prática de Cavalaria (EPC) di Santarém, li convince con un appassionato discorso della necessità di salire sulle autoblindo e di muoversi su Lisbona per abbattere la dittatura.
Si mette poi alla testa di quella colonna,  mal equipaggiata e mal armata, che entra in Lisbona e senza sparare un colpo procede all’occupazione del Terriero do Paço, la piazza dei ministeri dove si erano rifugiati i membri del governo. Maia successivamente è informato che Marcelo Caetano si era rifugiato nella Caserma della Guardia Nacional Républicana, sita nel Largo do Carmo, in una delle alture della zona storica di Lisbona, vi si dirige con le sue autoblindo.
Per strada, in Via dell’Arsenale, trovò la strada sbarrata da carri armati di unità militari leali al Regime. Il  suo subordinato tenente Assunçao cercò di evitare, parlamentando, ogni spargimento di sangue, e così fece poi Maia, i due ufficiali pazientamente e coraggiosamente non caddero nelle provocazioni e fu solo grazie alla forza del loro coraggioso esempio che i soldati avversari disobbedirono all’ordine di sparare, dato dal loro comandante, e passarono agli ordini di Maia.
Fu in quel momento che le cose presero una svolta decisiva favorevole alla rivoluzione.
Infatti, mentre altre forze dell'MFA occupano centri di importanza strategica, quali l'aeroporto di Lisbona e la prigione politica di Peniche ed arrestano i gli ufficiali fedeli al regime, gli uomini di Maia, superato lo scoglio di Via dell’Arsenale, prendono posizione circondando il Quartier Generale del Carmo.
Maia intima inutilmente la resa al dittatore fascista Caetano: aspetta ben tre ore poi fa quindi sparare qualche colpo sulla sede del comando della GNR.: Si avvia così  una trattativa alla quale partecipa anche il gen. de Spinola, e finalmente il capo del governo viene convinto ad arrendersi. Caetano viene infine scortato dallo stesso Maia all’aereo con il quale sarà costretto al lasciare il Portogallo, mentre una folla immensa festante e commossa si può finalmente riversare per le strade di Lisbona ed abbracciare quei soldati con i garofani sulle canne dei fucili che in poche ore e senza spargimento di sangue hanno saputo restituire la libertà al Paese: i soli morti del 25 aprile risulteranno infatti essere tre dimostranti proditoriamente uccisi dalla polizia segreta militare di Caetano
Ma vediamo meglio chi era Maia le cui gesta di quel giorno sono ben ricordate nel film Capitães de Abril della regista Maria de Madeiros, con protagonista Stefano Accorsi.
Figlio di Francisco da Luz Maia, ferroviere, e di Francisca Silvéria Salgueiro, Fernando José Salgueiro Maia nasce l'1 luglio 1944 a Castelo de Vide. Frequenta la scuola primaria a San Torcato, Coruche, e poi il Liceu Nacional di Leiria, laureandosi infine presso la Facoltà di Scienze Politiche e Sociali in etnologia e antropologia.
Nel mese di ottobre 1964 entra all’Accademia Militare di Lisbona e due anni dopo è alla Scuola Pratica di Cavalleria a Santarém. Nel 1968 è assegnato alla 9ª Compagnia di Commandos e parte per il nord del Mozambico, mentre dal luglio 1970 è in Guinea Bissau. La partecipazione alle vicende belliche coloniali gli vale la promozione a capitano, ma quando nel 1973 ritorna all’EPC di Santarem ha ormai maturato una profonda coscienza politica democratica antifascista e anticolonialista.
E’ in questo periodo che iniziano le riunioni clandestine del Movimento delle Forze Armate, e Salgueiro Maia è nel Comitato di coordinamento del Movimento come Delegato della Cavalleria. Dopo il 16 marzo 1974 e la fallita sollevazione di Caldas è, come abbiamo già visto, il protagonista fra i protagonisti del 25 aprile portoghese ("il migliore tra i migliori” venne definito).
Dopo la rivoluzione è membro attivo dell'assemblea del MFA e malgrado lo stesso MFA e molti partiti e organizzazioni politiche, riconoscendone la sua sensibilità alle tematiche sociali, il merito, l’intelligenza superiore ed un insolito coraggio e fedeltà, gli chiedano di rivestire importanti incarichi pubblici o politici (come ad es. far parte Conselho da Revolução, oppure fare il governatore civile di Santarem o l’addetto militare in una ambasciata di sua scelta), Maia, schivo di onori e riservato, riluttante a gettarsi nelle diatribe partitiche, non accetta nessuna offerta preferendo rimanere a svolgere semplicemente il suo compito di militare.
Solo il 25 novembre 1975 accetterà di venir posto al comando di un gruppo di carri alla diretta dipendenza del Presidente della Repubblica Francisco da Costa Gomes.
E’ poi trasferito alle Azzorre dalle quali torna nel 1979 per assumere il comando del Presidio militare di Santa Margherita.
Nel 1981 è promosso a maggiore e nel 1983 riceve la Grãn-Cruz da Ordem da Liberdade
Non sempre, fra l’alternarsi dei governi a maggioranza moderata e quelli a maggioranza socialista, rimane univoco e positivo il giudizio storico e politico sul 25 aprile portoghese e sui suoi protagonisti, Salguero Maia lo scopre amaramente a sue spese quando, malato di cancro, nel 1990 chiede inutilmente (al contrario due ex torturatori della PIDE che invece lo avevano ricevuto!) sostegno medico allo Stato, in quel momento governato dal moderato Aníbal António Cavaco Silva.
Muore a Santarém il 4 aprile 1992. Nello stesso anno riceve atitolo postumo il grado di Grande Oficial da Ordem da Torre e Espada ed infine nel 2007 la medaglia d'oro di Santarém.
La sua memoria rimane oggi viva nel ricordo di tutti i democratici portoghesi fedeli al ricordo ed ai valori del 25 Aprile.
                                                                                                                             
                                                            

                  



                Carlo Onofrio Gori



gori" "carlo onofrio gori" "carlo o. gori" "gori carlo o."
Carlo Gori  Carlo O. Gori   Carlo Onofrio Gori


*Articolo comparso su "Patria indipendente",  n. 5, 31 maggio 2009

Questo articolo è riproducibile parzialmente o totalmente previo consenso o citazione esplicita dell'Autore.
















Fernando José Salgueiro Maia *
Em Portugal, 25 de abril de 1974 um levante militar do metro Movimento Democrático Forças Armadas das (MFA) derrubou, sem derramamento de sangue e em pouco mais de 17 horas salazariano do Estado Novo, os mais de quarenta anos de ditadura fascista e colonial Português.Com a "Revolução dos Cravos", assim chamado das flores colocadas por pessoas regozijando de cilindros dos soldados, foi obrigado a fugir do presidente Marcelo Caetano, o último descendente do Salazarismo, foram dissolvidos organizações fascistas ea polícia secreta infame, PIDE, foram libertou presos políticos, as partes saíram do esconderijo. Após a Revolução dos Cravos, haverá período de transição, que terminou em Novembro de 1975, com a transferência de poder pelos militares de 'representantes AMF políticos democraticamente eleitos, durante o qual serão realizadas reformas importantes, incluindo a nacionalização de indústrias-chave e libertação de todas as colónias africanas.Em 25 de abril, o Português será um dia decisivo, não só para o retorno da democracia em Portugal, mas também, após o abandono definitivo de uma política secular, sangrenta e agressiva colonial para a aquisição da independência dos países africanos tão importante Angola, Moçambique, Guiné-Bissau ... etc.Entre os muitos que se distinguiram na preparação e execução da revolta, o protagonista absoluto daquele dia inesquecível foi, sem dúvida, Fernando José Salgueiro Maia, um jovem capitão apenas 29 anos, que marcou muitos de seus colegas das atrocidades das guerras coloniais, ganhou consciência e sociedade democrática.É logo depois da meia-noite de 24 de abril de 1974, quando a Igreja Católica Rádio Renascença começa a transmitir "Grândola, Vila Morena"., Uma canção do poeta José Afonso, proibida pelo regime, que fala de fraternidade, paz e igualdade: é o sinal de partida estabelecido pelo MFA para iniciar a revolução.Maia reúne pessoas de 'Escola de Cavalaria prática (EPC) de Santarém, convence-los com um discurso inflamado sobre a necessidade de subir blindado e movimento em Lisboa para derrubar a ditadura.Em seguida, ele coloca a cabeça da coluna, mal equipada e mal armada, entrando de Lisboa e sem disparar um tiro ocupação proventos Terriero do Paço, a praça dos ministérios onde eles tinham tomado refúgio membros do governo. Maia informado mais tarde que Marcelo Caetano se refugiaram no quartel da Guardia Nacional Republicana, situado no Largo do Carmo, nas alturas da zona histórica de Lisboa, vai com seu carro blindado.Na rua, na Via Arsenale, ele encontrou a estrada bloqueada por tanques de unidades militares leais ao regime. Seu subordinado tenente Assunção tentou evitar parleying, derramamento de sangue, e assim o fez, em seguida, Maia, os dois oficiais pazientamente bravamente e não cair em provocações e foi só graças à força de seu exemplo de coragem que os soldados inimigos desobedeceu a ordem para atirar, dada pelo seu comandante, e passou as ordens de Maia.Foi então que as coisas tomaram um rumo decisivo em favor da revolução.Na verdade, enquanto as forças do MFA ocupam outros centros de importância estratégica, como o aeroporto de Lisboa e Peniche política prisional e prender os oficiais leais ao regime, o povo da Maia, passou a rocha do Arsenal Street, tomar posicionar em torno da sede do Carmo.Maia rendição desnecessariamente íntimo do ditador fascista Caetano: esperar três horas atrás, e em seguida, atirar alguns tiros na sede da GNR:. Isto irá iniciar um negócio que envolveu também o gen. de Spínola, e, finalmente, o chefe de governo está convencido a se render. Caetano é então coberto pelo plano mesmo com Maia, que será forçado a sair de Portugal, enquanto uma multidão aplaudindo e emoção que você pode finalmente deitar nas ruas de Lisboa e abraçar aqueles soldados com cravos sobre os barris de armas em alguns horas e sem o derramamento de sangue ter sido capaz de restaurar a liberdade para o país: apenas os mortos em 25 de abril, será, de fato, três manifestantes traiçoeiramente mortos pela polícia secreta militar Caetano. Mas vamos ver o que era Maia cujos atos desse dia são bem lembrado no filme Capitães de Abril diretor de Maria de Madeiros, estrelado por Stefano Accorsi.Filho de Francisco da Luz Maia, ferroviário, e de Francisca Silveria Salgueiro, Fernando José Salgueiro Maia nasceu em 1 de julho de 1944, em Castelo de Vide. Ele frequentou a escola primária em São Torcato, Coruche, e depois o Liceu Nacional de Leiria, finalmente, de se formar na Faculdade de Ciências Políticas e Sociais, etnologia e antropologia.Em outubro de 1964, Academia Militar, em Lisboa, dois anos mais tarde, na Escola Prática de Cavalaria em Santarém. Em 1968, ele foi designado para a 9 ª Companhia de Comandos e partiu para o norte de Moçambique, enquanto em julho de 1970 na Guiné-Bissau. A participação da guerra colonial lhe rendeu uma promoção a capitão, mas em 1973, quando o EPC para Santarém já desenvolveu uma profunda consciência política democrática anti-fascista e anti-colonialista.E 'neste momento de iniciar as reuniões clandestinas do Movimento das Forças Armadas, e Salgueiro Maia está na Comissão de Coordenação do Movimento de CEO da Cavalaria. Depois de 16 de março de 1974 e da revolta fracassada de Caldas, como já vimos, o personagem principal dos protagonistas do 25 de abril de Português ("o melhor dos melhores" foi definido).Após a revolução é um membro activo da Assembleia do MFA, e apesar do MFA e muitos partidos políticos e organizações, reconhecendo sua sensibilidade para as questões sociais, inteligência mérito, superior e de uma coragem incomum e fidelidade, pedir para jogar importante cargo público ou político (por exemplo, por parte Revolução resposta conselho, ou governador civil de Santarém e do adido militar na embaixada de sua escolha), Maia, honras de se aposentar e reservado, relutante em se lançar em disputas partidárias, não aceitar a oferta, preferindo permanecer simplesmente para levar a cabo a sua tarefa de militar.
25 de novembro de 1975 só aceita ser colocado no comando de um grupo de vagões sob a dependência directa do presidente Francisco Gomes da Costa.E 'então transferido para os Açores a partir do qual em 1979 para assumir o comando do Presídio Militar de Santa Margherita.Em 1981 foi promovido a major em 1983 e recebeu o Grande-Cruz da Ordem da Liberdade.Nem sempre, na alternância dos governos de maioria moderada ea maioria socialista, continua a ser único e positivo julgamento político e histórico em 25 de abril Português e os seus protagonistas, Salguero Maia descobre amargamente à sua própria custa, quando, doente, com câncer, em 1990 pediu desnecessariamente (ao contrário de dois ex-torturadores em vez de PIDE tinha recebido!) apoio médico ao Estado, na época governado pelo moderado Aníbal António Cavaco Silva. Morreu em Santarém 04 abril de 1992. No mesmo ano AINPUT postumamente recebe o grau de Grande Oficial da Ordem da Torre e Espada e, finalmente, em 2007, a medalha de ouro de Santarém.Sua memória permanece viva hoje na memória de todos os fiéis democrática Português para a memória e os valores do 25 de Abril.
                                                                                                                     "carlo gori"



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