Siria, Ucraina, Venezuela e...quant'altro: Usa, la fatica e la rabbia del "gendarme"
In tempi recenti mi sono soffermato frequentemente, soprattutto sul "Diario" della mia pagina Facebook "Carlo Onofrio Gori" ed in particolare sul gruppo FB "Prato e la politica..." , su questi ed altri eventi internazionali. Tuttavia, come si può vedere dai post precedenti, è un po' di tempo che su questo blog non intervengo su questi problemi. L'immediatezza del dibattito mi ha quindi portato spesso su FB piuttosto che su questo blog. Anche se rinvio gli amici che volessero leggere mie cose in proposito ad andare su FB, si sa che tuttavia che in FB il recupero dell'informazione è molto difficile. Cercherò pertanto in questo post di riassumere un po' le cose in forma più che essenziale.
In questi fatti indicati qui sopra nel titolo sostanzialmente vedo in politica internazionale una volontà revanchista e di reconquista da parte degli Usa di Obama. Bush figlio dall'11 settembre 2011 in poi, con le impegnative guerre in Afghanistan contro gli ex-alleati anti Urss talebani, ed in Irak contro l'ex-alleato anti-Iran Saddam, aveva perso di vista, a livello d'influenza planetaria alla quale ancora, malgrado i loro crescenti debiti, gli Usa si sentono vocati, alcuni settori nei quali la perdita d'influenza Usa è risultata più che evidente, ed in particolare la Russia e l'America latina. Ora che Obama ha liquidato la guerra in Irak (senza averla risolta, essendo quel Paese ora molto più frammentato ed instabile ed infido rispetto ai tempi di Saddam) e sta per liquidare quella in Aghanistan (come risultati vale stesso discorso dell'Irak), l'attenzione si sposta anche in seguito neo-protaginismo economico dei Paesi del BRICS, in altri settori strategici ultimamente trascurati. La Federazione Russa di Putin non è più la Russia "in svendita" ed in disgregazione com'era sotto Eltsin, con Putin è una Russia che pur non avendo più l'estensione ed il peso che aveva quando "Russia equivaleva ad Urss", sta tuttavia recuperando un suo ruolo a livello internazionale. Pur progressivamente circondata in questi anni recenti da sistemi missilistici contro lei rivolti ed introdotti dagli Usa in vari Paesi ex-blocco sovietico europeo (Polonia, Romania, ecc.) oppure in quelli europei ed asiatici nati dalla disgregazione dell'Urss (baltici, repubbliche caucasiche ed asiatiche ecc.), la Russia di Putin, non più docile e sottomessa a livello d'influenza com'era quella di Eltisn, ha mostrato si saper reagire in molti casi (Cecenia, Transnistria, Georgia ecc.) in modo pronto ed autorevole. Eccoci quindi all'Ucraina, Paese etnicamente diviso - come vedremo meglio in seguito - ""cuscinetto fra i Paesi dell'Est ora nell'Europa UE" e la Federazione russa, e dove la Russia ha un'importante base navale in Crimea nell'oblast di Balaclava a Sebastopoli, ed alla Siria di Assad, Paese anch'esso etnicamente diviso, ma da sempre amico dell'Urss prima e della Russia poi, e dove la Federazione ha l'importante base navale mediterranea di Tartus.
Ebbene, nel secondo di questi due casi, prima gli Usa, impegnati con i loro alleati europei (soprattutto Gran Bretagna e Francia) a volgere a loro favore il vento delle cosiddette "primavere arabe" (risultati pessimi: trionfo ovunque dei partiti islamici, in Egitto hanno poi "rimediato" i militari appoggiati dalla popolazione antislamista, la Libia è ora infida e disgregata, ecc. ecc.) hanno poi puntato sulla disgregazione della Siria di Assad, favorendo in sostanza gli islamisti appoggiati dal loro alleato (infido) Arabia Saudita e dai Paesi del Golfo. Assad invece, malgrado una guerra devastante, ancora "regge",: si voleva allora da parte Usa ed Alleati, intevenire direttamente, ma la ferma posizione di Putin l'ha impedito. Per l'Ucraina, reduce anch'essa dalle "primavere arancioni", sostenute dagli Usa e dall'UE, ma ora governata dal filorusso Yanucovich, liberamente eletto, si èp cercato in tutti i modi di favorire i manifestanti pro-UE (e molti filo-fascisti banderisti) del Maidan di Kiev, riuscendo a spodestare con un golpe di piazza - la democrazia per l'Occidente sembra valer solo ....quando serve...) un Presidente (imbelle e compromesso, quanto si vuole, ma liberamente eletto). La Russia di Putin non poteva stare a vedere, ed ecco che siamo per forza arrivati, per ora, all'indipendenza della Crimea ed al suo ritorno sotto la Russia dalla quale era stata staccata nell'Urss di Krushiov nel 1954. Sull'Ucraina cito qui un articolo dell'amico Prof. Renato Risaliti, slavista, che ho già pubblico sull'altro mio blog "Asperaprometeo": “Ucraina:
terra di incontri e scontri. Intervento del 10 marzo 2014 di Renato Risaliti,
già Professore Ordinario all’Università di Firenze.
Questa
non è una definizione teorica aprioristica, ma l’esatta analisi della storia di
questo paese assai complesso. E’ un vaso di Pandora che è stato aperto.Forzare
la situazione com’è stato fatto nei secoli è sempre stato causa ed effetto di
grandi sconvolgimenti geopolitici.Per quel che mi riguarda ho già affrontato
ripetutamente il problema ucraino in numerosi scritti disseminati nel tempo su
varie pubblicazioni e vorrei non ripetermi, ma che sono condensati nella mia
Storia problematica della Russia ormai stampata in ben 11 volumi fino
all’articolo recente su “Koinonia” (2014 n.3). In quest’ultimo articolo
sostenevo che l’unica soluzione possibile per mantenere l’unità dell’Ucraina è
“la soluzione federale”.Perché? In primo luogo, i motivi storici per cui
l’Ucraina del II dopoguerra è quella che volle Stalin per indebolire la
Germania spostando i confini della Polonia di circa 500 km a ovest.Gli
avvenimenti successivi all’accordo del 21 febbraio u.s. sono stati disattesi di
seguaci del Maidan. L’accordo, se così si vuol chiamare la “capitolazione” di
Janukovič di fronte ai rivoltosi perché ne accettava tutte le richieste senza
ottenere le garanzie effettive del ritiro degli armati del Maidan se non sulla
parola dei ministri degli esteri francese, tedesco e polacco che poi se la sono
rimangiata. Tuttavia, legalmente il presidente legittimo rimane Janukovič anche se il colpo di mano dei rivoltosi ha
creato le premesse degli sconvolgimenti cui stiamo assistendo nelle ultime due
settimane.Nel periodo che va da dicembre al 21 febbraio ero rimasto sorpreso
perché l’agitazione era limitata alla Galizia (Leopoli) e alcuni governatorati
vicini, ma l’Est (quella che era stata chiamata Novorossja) restava calmo e
tranquillo. Solo dopo la fuga obbligata di Janukovič che alla prova dei fatti
si è rivelato un uomo politico e di stato poco avveduto, e alla fine
abbandonato anche dagli oligarchi che lo avevano appoggiato, l’Ucraina sud
orientale ha incominciato ad agitarsi e esplodere nelle sue città più
importanti (Odessa, Donetsk, Lugansk, Dnepropetrovsk, Charkov) e non solo la
Crimea. E ora è facile prevedere che impedire le agitazioni nell’Ucraina sud
orientale sarà impossibile a causa dello status del russo e la situazione
economica.Questo è avvenuto perché la Rad ucraina aveva approvato una legge
“folle” e cioè il russo non era più riconosciuta una delle due lingue ufficiali
dell’Ucraina: ucraino e russo. Per sopramercato i seguaci del Maidan hanno
circondato i maggiori centri dell’Ortodossia come la Laura delle Grotte e il
Monastero Pačaev pretendendo che passassero dal Patriarcato di Mosca a quello
di Kiev (Filaret) non riconosciuto canonicamente dalle chiese ortodosse.Queste
azioni hanno finito per estendere la situazione di tensione alla Russia tanto è
vero che anche domenica 9 marzo ci sono state manifestazioni pro lingua russa
estese anche all’Estremo Oriente russo.Ho ascoltato in diretta il dibattito al
Senato russo e i discorsi dei leaders dei vari partiti. Tutti molto accesi
contro i nazionalisti ucraini e i loro protettori occidentali. Nella situazione
russa il più moderato è Putin persino più del Presidente del Consiglio
Medvedev.Putin è astretto dalle richieste dei suoi, se dovesse cedere
all’orgoglio ferito della Russia sarebbe sicuramente sfiduciato perché di tutte
le richieste e leggi che gli insorti del Maidan potevano fare quella di
proibire l’uso della lingua russa era l’unica che non doveva neanche essere
pensata perché è una cosa stupida. E basta.
La
trasformazione dell’Ucraina in repubblica federale è necessaria anche perché
l’Ucraina occidentale è agricola, mentre quella orientale è industriale e da
secoli vive in osmosi con l’industria russa. Pensare che possa essere staccata
dai suoi mercati tradizionali è semplicemente senza prospettive durature. Il
contrasto non è quindi solo per un problema di gas come ci vogliono far credere
tante persone disinformate. Quindi i motivi etnici si saldano strettamente a
quelli sociali per cui l’Ucraina Orientale ha vissuto e vive in simbiosi con il
mercato russo, con la Russia.La prospettiva dell’associazione all’U.E. non è
percorribile. Credo che nessun governo ucraino, anche il più dittatoriale,
possa reggere all’impatto travolgente di questa parte dell’Ucraina tanto più
che ai suoi confini c’è la Grande Russia.Inoltre, se molti fanno affidamento
sulla forza dirompente dei tatari di Crimea dopo l’annessione alla Russia, cosa
peraltro da dimostrare alla luce della presenza in Russia dei Tatari della
Volga che anche la settimana scorsa sono stati in Crimea a perorare la causa
dell’unità coi Russi alla luce delle proposte del governo di Crimea di
inserirli nella compagine governativa.E’ questa dei tatari, mi pare, la
classica questione trattata nel Vangelo: si vede il bruscolo nell’occhio
dell’altro e non la trave nel proprio occhio.Infatti, gli ultranazionalisti dei
Maidan dovrebbero guardarsi alle proprie spalle. Nella regione dei Carpazi vive
una piccola ucraina, la Russia rossa (Ushgorod) cioè i Rusini che da secoli
rivendicano l’indipendenza che Kiev ha sempre negato. E non solo. Accanto a
loro ci sono gli ungheresi che rivendicano (assieme al governo ungherese) di
essere inclusi nell’Ungheria. Più a sud ai confini con la Moldavia romena
vivono i romeni (a Cernovec) che rivendicano
l’ingresso nella Romania.Come si vede si tratta di una situazione assai
ingarbugliata. Gli emissari americani, mi pare, che non si siano resi ben conto
della complessità della situazione ucraina ma tutto questo, in ultima analisi,
non solo non va a vantaggio della UE, ma al contrario crea una situazione
pericolosa per i paesi della Comunità Europea perché nei paesi baltici vivono
altri milioni di russi che oggi sono nella comunità europea senza diritti umani
riconosciuti.Gli analisti occidentali mancano poi di adeguate conoscenze
storiche perché, a mio giudizio, non hanno ben capito due cose:1) Quando Putin
ha trasferito la festa nazionale dal 7 novembre (rivoluzione sovietica) al 4
novembre (data della insurrezione di Mosca contro i polacchi il 4 novembre
1612) e anno della fondazione della Russia dei Romanov ha voluto dire che il
pericolo da cui bisogna guardarsi deriva da Occidente. Da qui la riconferma
dell’Alleanza di ferro politico economico militare fra Russia e Cina per
continuare la tradizione russa inaugurata da Aleksandr Nevskij, santificato
dalla Chiesa Ortodossa Russa. 2) L’accenno del rappresentante del Presidente
russo alla necessità di “raccogliere le terre” russe è la continuazione della
politica perseguita da Mosca dal Trecento a Cinquecento. La Crimea non è che la
prima foglia del carciofo che la Russia, se vuole ritornare ad essere un popolo
unito sotto un’unica bandiera, non può non proseguire. E qui ritorna la
“follia” del Presidente americano Bush padre che volle la divisione dell’URSS
in opposizione a Giovanni Paolo II che conosceva bene i vicini russi. Quindi
l’unica soluzione accettabile per la Russia è la “finlandesizzazione”
dell’Ucraina con uno stato federale come ha scritto recentemente l’ex
Segretario di Stato americano Henry Kissinger.Ogni altra via non potrà non
portare ad una nuova guerra di imprevedibili proporzioni. Renato Risaliti”
Non ho niente da aggiungere, se non in nota a quasto post, qualche - sono fittissimi lunghissimi gli interventi -dibattito svoltosi fra me Renato ed altri amici.
Veniamo all'America latina. Anche qui bisogna riassumere. Dalla presidenza di Bush figlio ad oggi, moltissimi Paesi dell'America latina hanno, in liberissime elezioni, più volte scelto in varia gradazione la via progressista ed indipendentista nei confronti degli Usa. Cuba non è più sola e per gli Usa l'America latina non è più ormai il "cortile di casa" dove si poteva fare e disfare a proprio piacimento. Alcuni di questi Paesi, sotto l'impulso della Presidenza Chavez in Venezuela hanno anzi assunto uno spiccato atteggiamento antimperialista (il Venezuela bolivarista di Chavez e ora di Maduro, la Bolivia di Evo Morales, l'Ecuador di Correa, il Nicaragua sandinista del rieletto Ortega, ecc.) mentre altri, pur progressisti e "sovranisti", (dal gigante Brasile di Lula e poi Russeff, all'Argentina dei Kirchner, dal Cile della Bachelet, all'Uruguay di Mujca, ecc. ecc.) cercano di avere comunque (anche se non è facile) un dialogo con gli Usa. Tutti (o quasi) questi Paesi latinoamericani hanno dato vita, sempre sotto la spinta del grande Chavez a nuove ed importanti forme di cooperazione e mutuo soccorso che non escludono più, come accadeva in passato, Cuba, ma anzi ne esaltano la presenza (ALBA, ecc. ecc.). Ciò spaventa gli Usa che in proposito hanno, da una parte cercato di favorire in tutti i modi le presidenze conservatrici in stati come il Messico, la Colombia (cercando di far svolgere a quest'ultima anche un ruolo attivo di gendarme locale in funzione antivenezuelana) ecc. ecc. , mentre dall'altra hanno cercato di destabilizzare in vari modi i paesi progressisti: vari tentativi di golpe contro il Venezuela chavista, "golpe parlamentare" in Paraguay, "golpe parlamentare" in Honduras, ecc. ecc. Tuttavia lo scoglio principale per gli Usa è rappresentato dal Venezuela Bolivariano. E' morto di uno "strano" cancro il comandante Chavez (stranamente altri presidenze progressisti latinoamericani sono stati in questi anni colpiti da cancro: Morales, la Kirghner, Mujica, ecc.). Chavez leader carismatico latinoamericano, amico di Fidel, fondatore del "socialismo bolivariano", con i suoi, è negli anni risultato vincitore in ben 18 importanti consultazioni elettorali nel suo Paese, ma ora è morto ed il suo seguace Maduro, con i suoi, sebbene risultato a sua volta vincitore nell' importante consultazione presidenziale e in elezioni locali, è stato dagli Usa, per l'ovvia, attuale, mancanza di carisma rispetto al predecessore, come l'anello debole: ecco che allora prima si cerca di alimentare la delinquenza criminale e destabilizzante in quel Paese e poi si favoriscono pesantemente (come ha dimostrato in più servizi da quel Paese anche l'autorevole quotidiano britannico "Guardian") da parte degli Usa (soldi alla mano: tanto ora, gli Usa, a differenza dellUE. stampano dollari a tutto spiano!) sanguinose e violente rivolte locali che fanno leva sull'insoddisfazione di alcuni strati medio-alti ed alti della società venezuelana. Solo la solidarietà latinoamericana ha finora impedito un intervento militare diretto in Venezuela più volte reclamato, per "mettere le cose a posto", dalla destra conservatrice Usa, dai tea-party, al competitore repubblicano di Obama alle ultime elezioni. La situazione è tutt'ora fluida ed in sviluppo, anche se per ora, il Venezuela bolivariano "regge". Qui mi fermo e come nel caso dell'Ucraina cercherò in propositi di inserire in nota a questo post, non subito, ma via via, vari dibattiti avvenuti su Facebook.