mercoledì 6 marzo 2013

Carlo Onofrio Gori. Storia. In memoria di Hugo Chavez


In memoria di Hugo Chavez…"Con lo pobres de la tierra…"

E' morto Hugo Chavez, socialista bolivariano, quattro volte democraticamente eletto (…e malgrado gli immancabili complotti!!!) Presidente del Venezuela.
Non un despota, come sovente falsamente descritto dai media occidentali, che nei casi più benevoli spesso hanno distorto la sua figura ponendola in uno sfondo "esotico" e folkloristico , ma "uno che ci credeva" e lottava davvero: uno nel popolo e per il popolo. 
Un militare che  prima rischiando di persona, e poi mettendosi democraticamente in gioco, ha fatto sue e in parte soddisfatto le richieste delle classi povere e popolari del suo Paese che per questo sempre lo hanno ampiamente rieletto, ma non solo questo!!! 
E' stato l'ideatore e l'interprete principale, "sul campo", del suo sogno di un "Socialismo del XXI Secolo", nuovo e migliore, vivo e partecipato, rispetto ai "socialismi storici" (sia  democratici che rivoluzionari) del Novecento, spesso eroici nella fase delle lotte per la difesa dei diritti del proletariato e per la sua affermazione, ma  sovente, sotto molti aspetti deludenti (a dir poco!!!) per il popolo,  nella  successiva fase di costruzione e gestione del potere; invece in Chavez l'idea e la prassi, a partire dalla "liberazione" del suo Paese, di un "mondo diverso" e nuovo, a misura umana in questa attuale disumanizzante globalizzazione gestita dai potentati economici e finanziari:  insomma una rinnovata speranza per tutti gli odierni "dannati della terra"!
Come hanno ricordato in questo triste frangente anche Oliver Stone e Sean Penn, presenti a Caracas, Chavez, disposto alla discussione, non era un nemico pregiudiziale degli Stati Uniti (come del resto non lo era stato Castro subito dopo la vittoria della Rivoluzione Cubana), piuttosto sono state le interessate politiche imperialistiche degli Usa a mettersi in rotta di collisione con lui, magari poi demonizzandolo anche per certe sue amicizie internazionali soprattutto extra-latinoamericane come ad es. quelle con la Libia, la Siria e l'Iran e con i loro discussi e altrettanto mediaticamente "demonizzati"  leaders (... facile dare patenti di "stato canaglia", ma in Occidente abbiamo dovuto aspettare Assange per saperla tutta anche sulle "canagliate" dei "fustigatori"...), ma erano stati "loro", gli Usa, che avevano negato il dialogo e che l'avevano inesorabilmente spinto dall' "altra parte" e del resto, a parte la socialista Cuba e poi gli altri paesi democratici e progressisti latinoamericani, quelli erano gli "amici" che c'erano "in giro" e che più di opponevano al "gendarme". 
Inutile darsela ad intendere: puoi essere un Presidente democraticamente rieletto quattro volte, come lo è stato Chavez o puoi essere uno definito dai media occidentali "dittatore" come Gheddafi o come Assad, maaaa...,  o  ti sottometti e accetti, tutte, o quasi (ma i margini sono sempre molto ristretti ed umilianti per chi "sta sotto"), le regole della "sovranità limitata" imposte dalle oligarchie politico-economiche, così come di volta in volta ti vengono dettate,  o ben presto, "quelle", cominceranno a promuovere una severa escalation che in vari modi  farà "terra bruciata", in casa del "reprobo" e nei suoi dintorni. 
Ecco, Hugo Chavez ha cercato, ricco anche dei proventi del petrolio venezuelano (sottratti alle "sette sorelle" multinazionali-americane e alle oligarchie locali loro vassalle e riportati al popolo venezuelano in servizi sociali), di unire a livello internazionale il fronte di tutti coloro (più o meno "buoni" secondo i punti di vista) "stanno sotto" e "non ci vogliono più stare" a svendere, come ad es. l'Iran, i proventi delle loro risorse, ed ecco perché Chavez era odiato e temuto in certi "ambienti".
Del resto la Presidenza Obama, sul piano delle "aperture", si è dimostrata alla prova dei fatti, molto deludente rispetto alle aspettative.
Avevo su FB, a suo tempo, scritto sulle "strane" malattie tumorali che, sotto la Presidenza Bush, "stranamente" hanno contemporaneamente "a raffica" colpito alcuni Capi di Stato progressisti dell'America Latina ed oggi il governo del Venezuela sembra ufficialmente confermare per quanto riguarda Hugo Chavez questi sospetti. 
A parte questo credo e spero che Hugo Chavez abbia nel suo popolo ben seminato e questo ben presto lo vedremo: Onore Comandante!!!
Le cose non  vengono a caso e la storia spiega sempre qualcosa: ecco in sintesi il perché del successo di Chavez in Venezuela e del suo prestigio nell’America Latina. Hugo Chávez nacque a Sabaneta, Estado de Barinas il 28 luglio 1954 in una povera e numerosa famiglia. All'età di diciassette anni si arruolò nell'Accademia Venezuelana di Arti Militari. Dopo la laurea in Scienza e Arti Militari Chávez si dedicò allo studio delle Scienze politiche all'Università Simon Bolívar di Caracas.Negli anni Settanta-Ottanta Chavez si mise spesso in contrasto con le gerarchie politico-militari  non condividendo le azioni di repressione dell'Esercito, in quei tempi utilizzato in appoggio alla Polizia ed al governo oligarchico. Cominciò a allora a concepire la sua ideologia “Bolívariana” (una dottrina nazionalista di sinistra ispirata dalla filosofia Panamericanista del rivoluzionario venezuelano dell'800 Simón Bolívar, dall'influenza del presidente peruviano di sinistra generale Juan Velasco Alvarado e dal pensiero di vari ideologi comunisti e socialisti a cominciare da Marx e Lenin) che inizialmente fece proseliti all'interno delle Forze Armate, dando vita già dal 1983 al “Movimiento Bolívariano MBR-200”, costituito per la maggior parte dai cadetti usciti nel 1975 dal corso della scuola militare “Simón Bolívar” .
Tuttavia non si può capire davvero la radicalizzazione politica di Chavez, ed il consenso poi da lui ottenuto fra le masse venezuelane, se non ci si rifà ad una data: il 27 febbraio del 1989, giorno di una grande protesta popolare nella capitale Caracas contro le misure neoliberali del governo sedicente “socialdemocratico” di Carlos Andres Perez. Quella immensa manifestazione terminò con uno dei peggiori eccidi della recente storia mondiale: il “Caracazo”. Un bagno di sangue con migliaia di morti, uomini, donne, bambini, vittime della brutale repressione poliziesca. Tra i vari responsabili anche un italo-venezuelano, Italo del Valle, all'epoca ministro della difesa del governo venezuelano.
Chavez promosso al grado di colonnello nel 1991, l'anno seguente, il 4 febbraio 1992, fu protagonista di un colpo di Stato militare che tentò di rovesciare il governo di Carlos Andrés Pérez. Il golpe fallì causando, secondo le voci ufficiali del Ministero della Difesa, 14 morti e 53 feriti e Chávez fu arrestato ed imprigionato. Il suo arresto suscitò un ampio movimento popolare che ne chiedeva la liberazione: riacquistò la libertà nel 1994 grazie a un'amnistia, ma dovette abbandonare le Forze Armate.
La sua ascesa politica cominciò a prendere corpo già durante gli anni nel carcere di Yare in Valles del Tuy. Chávez fondò il Movimento Quinta Repubblica. Chávez  e fu poi eletto alla Presidenza del Venezuela, nel 1998 grazie alle sue promesse di aiuto per la maggioranza povera della popolazione del Venezuela. E’ stato poi  rieletto nel 2000. Nell’aprile 2002 i golpisti legati alle oligarchie ed ai latifondi, con l’aito di alcuni militari ribelli lo deposero e il golpe venne subito riconosciuto dagli Usa e dalla Spagna, ma una grande sollevazione popolare portò il 48 ore alla liberazione del Comandante Chavez che è stato poi  ampiamente rieletto nel 2006 e nel 2012.
In patria Chávez ha promosso le Missioni Bolívariane (« Simón Bolívar, padre della nostra Patria e guida della nostra Rivoluzione, giurò di non dare riposo alle sue braccia, né dare riposo alla sua anima, fino a vedere l'America libera. Noi non daremo riposo alle nostre braccia, né riposo alla nostra anima fino a quando non sarà salva l'umanità » . Hugo Chávez, Discorso alla sessione per il 60° anniversario dell'ONU, 15 settembre 2005), i cui obiettivi sono quelli di combattere le malattie, l'analfabetismo, la malnutrizione, la povertà e gli altri mali sociali. In politica estera si è mosso contro  gli Usa di Bush sostenendo modelli di sviluppo economico alternativi, richiedendo la cooperazione dei paesi più poveri del mondo, specialmente di quelli sudamericani.
Chávez come leader della Rivoluzione Bolívariana ha promosso la sua visione di socialismo democratico e insieme rivoluzionario,  e l’integrazione dell'America Latina e dell’anti-imperialismo ed è stato  un critico implacabile della globalizzazione neoliberista e della politica estera Usa.
Un  personaggio che con tanti pregi e qualche difetto (e chi non li ha???)  entra a buon diritto, come figura di prima grandezza, nella Storia dei leaders e dei combattenti latino-americani, patrioti e rivoluzionari di varia estrazione sociale ed ideologica, che hanno in vario modo generosamente lottato per l’indipendenza del Continente dagli imperialismi (prima portoghese e spagnolo e poi nordamericano) e per il riscatto dei poveri e che in gran parte sono caduti per mano dell’imperialismo o delle oligarchie locali ad esso legate.  
Per questo Hugo Chavez va oggi storicamente ricordato insieme a loro: Joaquim “Tiradentes” (Brasil, 1748 –1792), Simon Bolivar (Venezuela, 1783 –1830), José Martí (Cuba, 1853 –1895), Emiliano Zapata (Mexico 1879 -1919), Pancho Villa , (Mexico, 1878 - 1923), Marmaduke Grove Vallejo (Chile, 1878 - 1954), Farabundo Martí (El Salvador, 1893 - 1932), José Carlos Mariátegui (Perù 1894-1930), Augusto César Sandino (Nicaragua, 1895 –1934), Lázaro Cárdenas (Mexico, 1895 – 1970), Luís Carlos Prestes (Brasil 1898-1990), José Font “Facón Grande” ( Argentina), Julio Antonio Mella (Cuba, 1903 – 1929), Salvador Allende (Chile, 1908 –1973), Juan Velasco Alvarado (Perù, 1910 – 1977), Jacobo Arbenz (Guatemala, 1913 –1971), Juan José Torres (Bolivia, 1920-1976), Michael Manley (Jamaica– 1924-1997), Manuel Merulanda (Colombia, 1930-2008), Ernesto “Che” Guevara (Argentina e Cuba, 1928-1967), Omar Torrijos (Panama, 1928-1981), Don Camilo Torres (Colombia, 1929 – 1966), Francisco Caamano (Rep. Dominicana, 1932 - 1973), Maurice Bishop (Grenada1944 –1983), e tanti, tanti altri…su ciascuno di essi, visto che, a parte i più noti, molti in Italia non li conoscono, ci si potrebbero qui scrivere numerose pagine.
Oggi l’eredità di Hugo Chavez e l’avvenire e le speranze del Venezuela bolivariano e popolare e dei poveri del Continente, va innanzitutto al suo popolo e al suo partito, al vicepresidente Maduro, ai suoi amici leaders latinoamericani progressisti rimasti oggi  in carica (...nel frattempo Manuel Zalaya dell'Honduras e Fernando Lugo del Paraguay sono stati deposti da golpe "bianchi"...) , da lui spesso aiutati e sostenuti o consigliati: dalla amica Cuba di  Fidel e Raul Castro, a Evo Morales di Bolivia, da Rafael Correa dell’Ecuador, a Daniel Ortega del Nicaragua,  da Dilma Rousseff, erede di Lula, del Brasile, a Cristina Fernández de Kirchner dell’Argentina, da Mauricio Funes di El Salvador a José Mujica dell’Uruguay,…e poi a tutti quelli che in tutto il mondo “stanno sotto” e vogliono cambiare, per il bene comune in una società più giusta: comunque andrà al tuo successore, il vice-presidente Nicolás Maduro, il tuo esempio sarà patrimonio del tuo popolo a cui hai ridato dignità e delle sue lotte...ben seminato… Compagno e Comandante Chavez!

                                                                                                           



                                     Carlo Onofrio Gori       













Per vedere le "ultime" degli altri miei due blog vd.

http://goriblogstoria.blogspot.it/2013/02/co-gori-resistenza-e-liberazione-il-cap.html

http://historiablogoriarchiviosplinder-cog.blogspot.it/



Mimma AliaSanta Caterina da Siena e Angela Bonadies piace questo elemento.


Per completezza d’informazione mi permetto, dichiarandolo apertamente, di citare interamente qui sotto la pagina di Wikipedia Italia dedicata a Hugo Chavez, che mi sembra obiettiva e ben fatta. Ugualmente 
utilizzo altre pagine wikipedia per illustrare le figure del suo successore designato Nicolás Maduro Moros e di Henrique Capriles Radonski che è stato il suo avversario alle ultime elezioni e lo sarà anche del successore.

Hugo Rafael Chávez Frías (Sabaneta, 28 luglio 1954 – Caracas, 5 marzo 2013[2]) è stato un politico e militare venezuelano. È stato presidente del Venezuela dal 1999 alla morte.
Chávez promosse la sua visione di socialismo nazionale, integrazione dell'America Latina e anti-imperialismo. Fu inoltre un acceso critico della globalizzazione neoliberista e della politica estera statunitense. La sua particolare filosofia politica è stata denominata chavismo, un'unione di bolivarismo e del cosiddetto socialismo del XXI secolo. « Simón Bolívar, padre della nostra Patria e guida della nostra Rivoluzione, giurò di non dare riposo alle sue braccia, né dare riposo alla sua anima, fino a vedere l'America libera. Noi non daremo riposo alle nostre braccia, né riposo alla nostra anima fino a quando non sarà salva l'umanità » (Hugo Chávez, Discorso alla sessione per il 60º anniversario dell'ONU, 15 settembre 2005)
Chávez fondò il Movimento Quinta Repubblica dopo aver organizzato, nel 1992, un fallito colpo di Stato contro l'allora presidente Carlos Andrés Pérez. Chávez fu eletto presidente nel 1998 grazie alle sue promesse di aiuto per la maggioranza povera della popolazione del Venezuela e fu rieletto nel 2000, nel 2006 e nel 2012. In patria Chávez ha lanciato le Missioni Bolivariane, i cui obiettivi sono quelli di combattere le malattie, l'analfabetismo, la malnutrizione, la povertà e gli altri mali sociali. In politica estera si è mosso contro il Washington consensus sostenendo modelli di sviluppo economico alternativi, richiedendo la cooperazione dei paesi più poveri del mondo, specialmente di quelli sudamericani. I suoi critici gli rimproverano di essere un populista autoritario[3] e l'amicizia con alcuni stati non democratici come Cuba, e con Stati le cui modalità di governo, pur formalmente democratiche, sono criticate dall'Occidente, come la Libia nel periodo di Mu'ammar Gheddafi e l'Iran[4] mentre i suoi sostenitori lo considerano un rivoluzionario socialista impegnato per la giustizia sociale.
Chávez nacque a Sabaneta, nello Stato di Barinas da una famiglia con origini native americane e spagnole. Suo padre, Hugo de los Reyes Chávez, era un maestro rurale che, a causa delle ristrettezze economiche, per mantenere la numerosa famiglia fu obbligato ad affidare due dei figli, il piccolo Hugo e il fratello maggiore, alla nonna paterna Rosa Inés, che viveva anche lei in Sabaneta, in una tipica casetta da indio fatta di paglia e fango secco.
All'età di diciassette anni si arruolò nell'Accademia Venezuelana di Arti Militari. Dopo la laurea in Scienza e Arti Militari Chávez svolse per alcuni mesi il servizio militare. In seguito si dedicò allo studio delle Scienze politiche all'Università Simón Bolívar di Caracas, che tuttavia lasciò senza ottenere una laurea[5].
Durante gli anni degli studi Chávez e i suoi compagni svilupparono una dottrina nazionalista di sinistra che chiamarono "bolivariana", ispirata dalla filosofia Panamericanista del rivoluzionario venezuelano dell'Ottocento Simón Bolívar, dall'influenza del presidente peruviano Juan Velasco Alvarado e dal pensiero di vari ideologi comunisti e socialisti tra cui Marx e Lenin[6]. Ad influenzare la visione politica di Chavez furono anche il pensiero di Antonio Gramsci e l'azione storica di Giuseppe Garibaldi[7]. In questi anni, inoltre, si dedicò ad attività culturali ed eventi sportivi, giocando a baseball e softball, arrivando fino ai campionati nazionali, e scrivendo poesie, racconti e opere teatrali[5].
Di Simón Bolívar assorbì il pensiero, soprattutto sul concetto di integrazione e costruzione della Grande Colombia: Venezuela, Colombia, Ecuador, Perù e Bolivia. Ma già da cadetto aveva subito il fascino del Libertador Simón Bolívar, a cui per altro era intitolato il suo corso. Di indole ribelle, si mise spesso nei guai per non condividere le azioni di repressione dell'Esercito, in quei tempi utilizzato come estensione della Polizia. Nacque così la ideologia bolivariana, che inizialmente si sviluppò all'interno delle Forze Armate, dando vita già dal 1983 al Movimiento Bolivariano MBR-200, costituito per la maggior parte dai cadetti della "Promozione Simón Bolívar" che uscì dalle scuole militari nel 1975.
Promosso al grado di colonnello nel 1991, l'anno seguente, il 4 febbraio 1992, fu protagonista di un colpo di Stato da parte delle forze militari che tentò di rovesciare il legittimo presidente Carlos Andrés Pérez. Il golpe fallì causando, secondo le voci ufficiali del Ministero della Difesa, 14 morti e 53 feriti e Chávez fu arrestato e imprigionato. Il suo arresto suscitò un ampio movimento popolare che ne chiedeva la liberazione: riacquistò la libertà nel 1994 grazie a un'amnistia, ma dovette abbandonare le Forze Armate.
La sua traiettoria politica cominciò a prendere corpo già durante gli anni nel carcere di Yare in Valles del Tuy e proseguì fino all'elezione alla Presidenza del Venezuela, nel 1998.
Vita privata
Chávez è stato sposato due volte, aveva quattro figli (Rosa Virginia, María Gabriela, Hugo Rafael e Rosinés) ai quali ha sempre garantito la massima privacy e riservatezza.
Fede religiosa
Chavez era da sempre un cattolico praticante, benché seguisse politiche laiche. Sulla sua fede personale, vicina anche alla teologia della liberazione, ha detto tra l'altro, esprimendo il desiderio di incontrare Papa Benedetto XVI, durante la Mostra del cinema di Venezia nel 2009:
« I rapporti con la Chiesa sono buoni: c'è qualche vescovo che mi critica, è vero, ma mi piacerebbe andare a trovare il Papa. Vogliamo vivere nel messaggio di Cristo, io sono cristiano e credo che dobbiamo tutti essere come grandi fratelli. Noi veniamo da una grande civiltà: quando non c'era ancora New York, c'erano i calendari maya e aztechi. E la colonizzazione spagnola e portoghese ha ridotto le popolazioni del Sudamerica da 90 milioni a 4 milioni in 200 anni. Una cosa che ha provocato la tratta degli schiavi, così noi siamo figli dell'uno e dell'altro popolo »
Abitudini personali
Seguendo l'uso tradizionale boliviano, Chávez ha affermato di aver masticato foglie di coca abitualmente[8], nonostante non facesse uso di alcol e non fumasse.[9][10] Era un appassionato di sport.
Stato di salute, malattia e morte
Chavez, dal giugno 2011 fino alla morte, ha sofferto di un cancro nella regione pelvica, con metastasi al fegato e al midollo spinale. È stato ripetutamente operato in Venezuela e a Cuba, dove si è sottoposto a numerose cure, tra cui chemioterapia e radioterapia. Questo non ha comunque impedito i suoi impegni politici.[11] Dopo aver dichiarato in alcune occasioni di stare molto meglio, in occasione della Pasqua 2012, Chavez ha pregato pubblicamente per la propria salute, mentre si diffusero voci che fosse ormai malato terminale - tra chi diceva gli restassero pochi mesi e chi al massimo due anni di vita[12][13] - di rabdomiosarcoma metastatico alveolare. Molti, soprattutto avversari e detrattori, hanno sostenuto che Chavez nascondesse le sue reali condizioni per non danneggiare la fiducia dei cittadini nei suoi confronti[14], e facesse ampio uso di antidolorifici per apparire normale.[15] Nel giugno 2012, annunciando la nuova candidatura, avvenuta in una manifestazione a cui partecipò assieme ai figli, affermò che le sue condizioni erano nettamente migliorate, e di aver camminato quasi fino a Caracas, per 10 km, indice delle buone condizioni fisiche.[16] Successivamente, a luglio, dichiarò di essere completamente guarito e libero dal cancro, e di non aver bisogno di ulteriori cure.[17] A seguito di una sua mancata presenza a un vertice del Mercosur tuttavia, sono cominciate a circolare voci, fin da novembre, su una recidiva della malattia, che hanno trovato conferma ufficiale in data 8 dicembre 2012 quando Chavez annunciò un nuovo ricovero in un ospedale di L'Avana, a Cuba, allo scopo di sottoporsi a nuove cure oncologiche. Chavez aveva indicato come possibile successore il vicepresidente Nicolás Maduro, qualora lui non fosse stato più in grado di completare il mandato presidenziale.[18] Nel gennaio 2013, il ministro delle comunicazioni venezuelano, Ernesto Villegas, ha ufficialmente comunicato che "il comandante ha mostrato complicazioni a seguito di una grave infezione polmonare che gli ha causato problemi respiratori", il che ha comportato un aggravamento dello stato di salute del presidente venezuelano.[19] È morto il 5 marzo 2013, a seguito dell'aggravarsi delle sue precarie condizioni di salute[20].
La famiglia
Il fratello maggiore Adan è stato ministro dell'educazione, mentre ora è l'attuale governatore dello stato di Barinas, Narciso è plenipotenziario (ossia responsabile degli accordi tra Cuba e Venezuela), Anibal è sindaco di Sabaneta (paese natale della famiglia), Argeny è segretario di Stato a Barinas, Adelis è consigliere d'amministrazione di una banca privata che gestisce alcuni fondi del governo (la Sofitasa).[21]
La famiglia
Il fratello maggiore Adan è stato ministro dell'educazione, mentre ora è l'attuale governatore dello stato di Barinas, Narciso è plenipotenziario (ossia responsabile degli accordi tra Cuba e Venezuela), Anibal è sindaco di Sabaneta (paese natale della famiglia), Argeny è segretario di Stato a Barinas, Adelis è consigliere d'amministrazione di una banca privata che gestisce alcuni fondi del governo (la Sofitasa).[21]
L'insediamento dell'Assemblea Costituente, essendo "originaria", determinò automaticamente il decadimento temporaneo di tutti i poteri in vigore. Durante il periodo dell'Assemblea, il potere esecutivo, per far fronte alla disastrosa situazione socioeconomica in cui versava il Venezuela (oltre l'87% della popolazione viveva in condizioni di povertà e circa il 47% di povertà critica), chiese e ottenne il potere legislativo, come previsto dalla "Ley abilitante".
Nel dicembre del 1999, nacque la nuova costituzione, confermata da un altro referendum. Tra i punti più significativi:
l'attenzione ai diritti umani,
il passaggio della struttura dello Stato da una democrazia rappresentativa a una nuova forma chiamata "Democrazia Participativa y Protagónica".
l'istituzione del "referendum revocatorio" per tutte le cariche elettive, presidente compreso, nella seconda metà del mandato;
la modifica del nome dello Stato del Venezuela in "Repubblica Bolívariana del Venezuela"
la modifica della durata del mandato presidenziale da cinque a sei anni, con possibilità di una sola rielezione.
Approvata la nuova costituzione, tutte le cariche pubbliche elettive dovettero essere sottoposte al voto popolare e anche Chávez, rimesso il suo mandato, si ricandidò alle nuove elezioni presidenziali. Confermato a larga maggioranza (59,5% dei voti) il 30 luglio del 2000, Chávez, a capo del nuovo parlamento (rinominato "Assemblea Nazionale") diede avvio all'attuazione della nuova costituzione. Chávez chiamò questa fase Rivoluzione Bolívariana Pacifica.
La politica di Chávez. Socialismo democratico
Il 30 gennaio 2005, parlando al Convegno internazionale del Social Forum a Porto Alegre, in Brasile, Chávez offrì il suo aiuto alla causa no-global, dichiarandosi, inoltre, favorevole a un socialismo patriottico e democratico che "deve essere umanista e deve mettere gli esseri umani e non le macchine in condizioni di superiorità nei confronti di tutto e di tutti", concetto ribadito anche nella successiva riunione del suo governo, svoltasi nel febbraio del 2005.
L'azione di Chávez in realtà non risponde a un'ideologia ben definita e coerente: in generale il suo pensiero accoglie elementi del nazionalismo e del socialismo ed ha come riferimento principale la figura di Simón Bolívar.
Se per gli oppositori interni ed esterni e per gran parte dei media internazionali il governo di Chávez s'incentra su di una lotta costante contro le fasce più alte della popolazione, indistintamente da come abbiano costruito la loro ricchezza, secondo altri osservatori e studiosi delle problematiche del Sud America, la politica chavista mira al risanamento delle condizioni socioeconomiche disastrose della stragrande maggioranza dei venezuelani.
Tra le misure prese da Chávez, in gran parte reinvestendo i proventi petroliferi: lo stanziamento di 1641 miliardi di bolivar (circa 314 milioni di euro) per la ricerca scientifica, l'aumento del 40 % degli stipendi degli insegnanti, borse di studio e istruzione gratuita, creazione di una banca popolare con bassi crediti per scopi sociali e umani, come l'acquisto di un alloggio familiare, creazione di cooperative, abolizione del latifondo, nazionalizzazione dei pozzi petroliferi, uscita del Venezuela dal Fondo Monetario Internazionale e dalla Banca Mondiale, blocco della fuga di capitali e della svalutazione del bolivar, incremento alla sanità pubblica con seicento centri di diagnostica. Il PIL venezuelano è cresciuto fino a 50 trilioni di bolivares nel 2006.[22]
La politica estera
Chávez iniziò a operare per il rafforzamento dell'OPEP (l'Organización de Países Exportadores de Petróleo; l'acronimo inglese è OPEC), anche grazie al miglioramento delle relazioni diplomatiche con tutti i paesi membri (dove si recò personalmente).
A livello continentale Chávez domanda un'integrazione dei paesi latino-americani da effettuarsi anche mediante l'ALBA (Alternativa Bolivariana para América Latina y el Caribe) costituita in contrapposizione all' ALCA (Area di Libero Commercio delle Americhe) voluta dagli USA. Inoltre l'amicizia tra Venezuela e Cuba (che vede ad esempio lo scambio tra la fornitura di petrolio venezuelano a prezzi vantaggiosi e il supporto della competenza medica cubana nell'ambito dei piani di miglioramento delle condizioni sanitarie del Venezuela e altri paesi sudamericani), così come quella con l'Iran e la Bolivia di Evo Morales, viene vista con sospetto dagli Stati Uniti e utilizzata dall'opposizione per discreditare Chávez. Il Venezuela riconosce lo Stato di Palestina: per questo e per protesta contro il governo israeliano di centro-destra, che il leader venezualano accusa di volontà di genocidio contro i palestinesi, Chavez ha espulso l'ambasciatore israeliano nel 2009, inasprendo e di fatto interrompendo le relazioni diplomatiche tra i due paesi.[23] Oltre alla critica agli USA, con l'elezione di Barack Obama, al posto del detestato Bush, Chavez ha detto di "volerlo aiutare".[24] Nel 2012 ci sono stati screzi ma anche alcuni segnali di cauta distensione tra i due paesi.[25]
La politica interna
In 7 anni di governo Chávez il paese si è dichiarato libero dall'analfabetismo e tre milioni di venezuelani sono stati inseriti nell'istruzione primaria, secondaria e universitaria. Diciassette milioni di venezuelani (quasi il 70% della popolazione) ricevono, per la prima volta, assistenza medica e medicinali gratuiti e, in pochi anni, nelle intenzioni governative tutti i venezuelani avranno accesso gratuito all'assistenza medica. Si somministrano più di 1 milione e 700 000 tonnellate di alimenti a prezzi modici a 12 milioni di persone (quasi la metà dei venezuelani), un milione dei quali li ricevano gratuitamente, in forma transitoria. La questione è centrale in un Paese come il Venezuela dove le persone sottonutrite sono cresciute dal 1992 al 2003 del 7%, raggiungendo la cifra di 4,5 milioni[26][27]. La malnutrizione è scesa dal 14 % al 12 %. La mortalità infantile si è ridotta al 2 %.
Il tasso di disoccupazione è sceso dall'8,9% (2006) al 6,20% (feb 2007) e la popolazione sotto la soglia di povertà è diminuita dal 37,9% (2005) al 23% (2009).[28][29]
Diritti umani e civili
Dall'inizio del governo di Chávez, The Economist riporta che il tasso di omicidi è quasi triplicato, e che la capitale venezuelana, Caracas è diventata la terza più violenta del Sud America, dopo Ciudad Juárez e Bogotá con la polizia implicata in alcuni di questi crimini.[30][31] Amnesty International ha accertato episodi di vessazioni contro i difensori dei diritti umani, la gravità delle condizioni carcerarie (comune tra i paesi in via di sviluppo), attacchi verbali di politici e aggressioni contro giornalisti.[32]
Sui diritti degli omosessuali Chávez ha detto:
« Nessuno deve essere perseguitato per le sue inclinazioni sessuali. [Il matrimonio gay] in Venezuela non sarebbe visto molto bene, però è un'opinione, il che non significa che io sia contrario »
Nel 2009 Chávez ha dato il suo appoggio ad una legge sulle unioni civili e contro l'omofobia non ancora approvata (soltanto lo stato di Mérida le ammette già).[33]
Le prospettive della politica economica
I numerosi provvedimenti di ispirazione socialista attuati da Chávez nel tentativo di migliorare le condizioni di vita delle fasce più povere della popolazione possono però generare, secondo alcuni osservatori, gravi conseguenze economiche per il paese. Secondo il liberista Pietro Di Giorgio, per esempio, la politica economica di Chávez è caratterizzata da spese sociali alte, in cui piani populisti in genere prevalgono su considerazioni di sostenibilità economica. Le politiche monetarie sarebbero poi di tipo espansivo, con un'economia che mostra segni di iperinflazione. Il dato è però tenuto basso dai controlli dei prezzi, che possono ridurre l'inflazione, ma al prezzo di creare carenza di beni. In teoria, poi, il Venezuela è un paese ricco di petrolio: in pratica però le sovvenzioni al consumo e la nazionalizzazione dell'industria petrolifera (che tiene lontani gli investimenti esteri) comprimono l'offerta ed espandono la domanda, riducendo i benefici netti.[34]
Secondo invece il sociologo venezuelano Antonio Plessmann, attivista del movimento chavista, il principale problema per il Venezuela è il basso prezzo del petrolio conseguente alla crisi economica internazionale, che crea difficoltà perché riduce di molto la liquidità e potrebbe rendere inevitabile una crisi. Con questo si giustificano gli interessi dei venezuelani a produrre cibo e altri beni di primo consumo, i quali erano esclusivamente d'importazione, comprando enormi quantità di macchinari agricoli all'Argentina[35]. La situazione, però, non è d'emergenza e la copertura finanziaria per gli investimenti in spese sociali è ancora garantita. Sebbene poi l'inflazione sia la più alta dell'America Latina, questa è contrastata da una elevata protezione all'inflazione con gli aumenti del salario minimo che sono stati superiori all'aumento dell'inflazione accumulata, col mantenimento dei sussidi al consumo alimentare e con la politica dei prezzi ridotti.
Un dato di fatto, però, è che la grande crisi mondiale del 2009, che ha colpito quasi tutti i paesi del mondo, non ha svantaggiato il Sudamerica e in particolare il Venezuela, che ha saputo creare scambi convenienti.[36]
Il contesto politico
Tra tutte le leggi promulgate fino ai primi mesi del 2002, alcune diedero luogo a reazioni particolarmente forti da parte dell'opposizione. Una di queste riguardò la regolamentazione della pesca a strascico, da sempre attuata sotto costa, su larga scala e senza alcun controllo da parte delle istituzioni, con l'inevitabile distruzione dell'habitat, e a svantaggio della maggioranza costituita dai piccoli pescatori. Il governo, per placare le reazioni dell'opposizione non riuscì a proibire definitivamente questo tipo di pesca, ma la limitò a oltre le sei miglia nautiche dalle coste.
La legge in assoluto più contrastata fu la cosiddetta riforma agraria; in Venezuela esistono vasti latifondi (fino a casi limite di 240.000 ettari): il 10% della popolazione detiene l'80% del territorio e senza che molti proprietari siano in grado di esibire i relativi titoli di proprietà.[37]
Queste leggi, assieme alla nazionalizzazione delle risorse petrolifere (con il conseguente aumento del gettito derivante dallo sfruttamento dell'"oro nero" venezuelano da redistribuire alla popolazione tramite nuove forme di Stato sociale come salute, istruzione, servizi); la nuova politica estera di equidistanza e solidarietà con alcuni stati del Sud America e il conseguente sottrarsi alla storica subordinazione economica e politica agli USA, furono i presupposti per il golpe del 2002.
Il primo tentativo di sciopero
La Confederación de Trabajadores de Venezuela (CTV), Confederazione dei lavoratori, retta da numerosi anni da Carlos Ortega Carvajal, in base alla nuova costituzione entrò a far parte delle istituzioni la cui dirigenza era sottoposta ad elezioni. Durante lo spoglio dei voti scomparvero grandi quantità di schede e furono date alle fiamme alcune urne[senza fonte], rendendo impossibile il completamento del conteggio dei voti: il comitato elettorale non poté decretare la vittoria, che fu però reclamata da Ortega che si dichiarò vincitore.
Nel dicembre del 2001 gli industriali cercarono di pilotare uno sciopero generale della CTV chiudendo le fabbriche e impedendo ai lavoratori di entrare, ma assicurando loro i salari, promessa che non fu mantenuta. Lo sciopero non ebbe successo.
Nel febbraio del 2002 Chávez sostituì i dirigenti della PDVSA, la compagnia petrolifera nazionale, con persone affini al suo progetto politico, il che provocò la protesta interna di gruppi di impiegati e dirigenti che vedevano nella decisione di Chávez la violazione dei principi di meritocrazia. Il governo considerava inconciliabili le differenze ideologiche tra il proprio progetto di gestione dell'azienda e quello della dirigenza della PDVSA: il primo mirava a una riforma profonda del funzionamento dell'impresa che incrementasse l'utilizzo delle plusvalenze petrolifere in piani sociali, mentre il secondo voleva che PDVSA utilizzasse i profitti petroliferi per finanziare l'espansione dell'attività aziendale.
Il tentativo di golpe contro Chávez
Lo sciopero alla PDVSA
La televisione di Stato rese pubblica la registrazione di una telefonata tra Ortega e l'ex presidente Carlos Andrés Pérez, profugo dalla giustizia rifugiatosi negli USA, nella quale Perez diceva a Ortega di organizzare uno sciopero generale e di portarlo alle estreme conseguenze, di prendere contatto con Pedro Carmona Estanga, attuale presidente di Fedecamara e di concordare le azioni con lui. Un altro fatto che ebbe notevole peso sugli avvenimenti dell'11 aprile 2002 fu una riunione presso la sede della Conferenza Episcopale Venezuelana in cui erano presenti, oltre ai componenti dell'alta gerarchia ecclesiastica, anche i vertici della CTV con Carlos Ortega in testa, Fedecamara con Carmona Estanga e vari personaggi dell'opposizione. La seduta si chiuse con un inno alla democrazia, che delineò la composizione delle forze promotrici del colpo di Stato contro Chávez.
Il 7 aprile, il presidente Chávez annunciò il licenziamento degli alti dirigenti e le proteste degli oppositori si intensificarono. Il 9 aprile la CTV e la Confindustria, con l'appoggio della Chiesa cattolica, delle televisioni e dei partiti politici di opposizione, annunciarono uno sciopero generale di ventiquattro ore in sostegno dei dirigenti della PDVSA.
L'11 aprile fu organizzato un corteo di centomila persone che avrebbe dovuto dirigersi verso la sede della PDVSA, ma che un'arringa di Ortega deviò verso il palazzo di Miraflores, sede della Presidenza per cacciare «quel traditore di Chávez», dando alla marcia, fino a quel momento pacifica, ben altro scopo. La marcia, alle 12,30 dell'11 aprile 2002, riprese con in testa i sindaci scortati dalle loro polizie armate e motorizzate, ma senza che da quel momento si avesse più traccia di Ortega e dei suoi colleghi, scomparsi nel nulla.
Già dalla notte attorno a Miraflores erano radunati migliaia di sostenitori di Chávez, in sentore di ciò che poteva accadere. Il corteo non arrivò a contatto con i simpatizzanti di Chávez perché dei cecchini appostati nei palazzi circostanti cominciarono a sparare dapprima sui sostenitori di Chávez, poi sulle prime file del corteo.
La gente segnalò alcuni cecchini sul terrazzo di un palazzo nei pressi di Miraflores, la Guardia Nazionale entrò nel palazzo e arrestò cinque persone armate di fucili di precisione, con documenti falsi, qualcuno di origine colombiana. Imprigionati, furono successivamente liberati dagli insorti e di essi si persero le tracce. La polizia metropolitana cominciò a sparare sulla gente che si trovava sul famoso ponte Laguno e che prese a scappare tentando di mettersi al riparo nei palazzi circostanti.
Le televisioni private solidali ai golpisti sostennero l'idea di scontro provocati dai sostenitori di Chávez (e questa versione, in un primo tempo, fu ripresa anche dai media internazionali), ma le innumerevoli riprese effettuate nella zona dimostrarono che gli scontri a fuoco non erano tra i componenti delle due marce, ma era la polizia metropolitana a sparare contro i sostenitori di Chávez. I primi caduti si ebbero verso le 15,00. Dalla testimonianza di un giornalista della CNN, Otto Neustald, si seppe che un gruppo di alti militari, verso le ore 11,30 eseguirono una registrazione di prova del loro pronunciamento in cui disconoscevano l'autorità del presidente parlando dei primi morti e addossandone la responsabilità a Chávez. Questo pronunciamento, registrato prima delle 12,00, fu mandato in onda dopo le prime reali uccisioni.
I militari si erano riuniti in Fuerte Tiuna, presidio militare di Caracas, assieme a Carmona Estanga, a una schiera di sostenitori e a una nutrita rappresentanza di militari USA. I militari insorti minacciavano Chávez, ancora a Miraflores, intimandogli di arrendersi, pena il bombardamento del palazzo (come avvenne con Juan Domingo Perón e Salvador Allende, anch'essi minacciati da forze filo-statunitensi). Il Generale Rosendo faceva parte del complotto, ma fino all'ultimo ingannò Chávez, che lo credette un fedele alleato.
In un ultimo tentativo di evitare il peggio, Chávez cercò di attuare il "Plan Avila", un piano di emergenza (attuato anche per la visita di papa Giovanni Paolo II) che, grazie alla presenza di mezzi blindati attorno al palazzo, avrebbe permesso la difesa delle istituzioni. Invece, proprio Rosendo fece arrivare con ritardo l'ordine di applicare il Plan Avila. I blindati, poi, usciti da Fuerte Tiuna, furono fatti subito rientrare da un contrordine lanciato dai cospiratori. Nel frattempo da Maracay, Raúl Isaías Baduel era pronto ad inviare mezzi e uomini a Caracas e così mezzi blindati da Maracaibo.
Chávez si consegna ai golpisti
A questo punto Chávez, per evitare la guerra civile, decise di consegnarsi ai golpisti chiamando proprio Rosendo affinché lo accompagnasse a Fuerte Tiuna, dove verso le 23,00 dell'11 aprile, fu arrestato e posto in isolamento, in attesa di decidere sulla sua sorte.
Chávez riuscì a mettersi in contatto con la moglie e un amico con un cellulare passatogli di nascosto da un ufficiale. Cominciò l'afflusso di gente dai ranchos di Caracas che chiedeva la liberazione di Chávez verso Fuerte Tiuna che fu circondato da oltre 600.000 persone. La stessa notte Chávez venne trasferito da Fuerte Tiuna a Turiamo, una base navale nel Nord-Est della Costa dello Stato di Aragua e da lì fu poi trasferito all'isola La Orcila, sede di una base logistica della Marina Militare.
Il 12 aprile fu data la notizia del ritiro di Chávez e subito dopo Carmona Estanga si autoproclamò presidente del Venezuela. Il Parlamento in carica fu sciolto, furono destituiti tutti gli altri poteri, fu dichiarato l'abbandono dell'OPEP da parte del Venezuela, fu ripristinata la vecchia costituzione e dal nome ufficiale della nazione venne cancellata la parola "Bolívariana".
Immediatamente gli USA si affrettarono a riconoscere il nuovo governo, seguiti a breve intervallo dalla Spagna, dove il quotidiano El País, legato tramite il gruppo "Prisa" ad alcuni media venezuelani, giustificò il colpo di Stato. I media venezuelani ebbero un ruolo determinante sia nell'organizzazione che nell'esecuzione del golpe e dato che tutti erano convinti della sua definitiva riuscita, si sbilanciarono in interviste, trasmesse su tutte le reti, dove parlavano del lavoro organizzativo dei militari e civili artefici dell'evento.
Il ritorno di Chávez alla presidenza del Venezuela
Il 12 aprile a Caracas cominciarono seri disordini con saccheggi di negozi. Nei giorni 12 e 13 la polizia uccise più di 200 persone, gli ospedali accolsero centinaia di feriti.
La gente, come già accaduto a Caracas, circondò anche la base dei paracadutisti del generale Baduel a Maracay chiedendo a gran voce il ritorno di Chávez. Lo stesso avvenne in molte altre località; si calcola che in tre giorni più di sei milioni di persone siano scese per le strade a difendere Chávez e il suo governo.
Nella notte del 13 aprile l'allora vescovo di Caracas, Antonio Ignacio Velasco García, fu inviato all'isola La Orchila con un jet privato probabilmente di proprietà dei Cisneros, dove avrebbe dovuto convincere Chávez a firmare la rinuncia e partire con lo stesso jet verso un'ignota destinazione, forse Cuba. Durante l'incontro arrivarono tre elicotteri per riportare Chávez a Miraflores.
Con il rientro di Chávez, e il suo ritorno al potere il 14 aprile, gli scontri e i saccheggi cessarono. Il golpe fallì, dunque, grazie al vastissimo appoggio popolare e all'esiguità del gruppo dei militari golpisti, formato soprattutto da alti ufficiali, mentre il grosso delle forze armate venezuelane, guidate dal generale dell'esercito Raúl Isaías Baduel era rimasto fedele a Chávez e alla nuova costituzione.
La salvaguardia dell'ambiente
Il Venezuela, dal primo dicembre 2010 si impegna a rispettare il Protocollo di Kyoto e gli accordi intrapresi dalle Nazioni Unite riguardo al clima e all'ambiente. Con questa decisione il Venezuela diventa uno dei primi paesi in via di sviluppo a impegnarsi nel rispetto dell'ambiente.[38]
Referendum del 2004
Aḥmadinejād ha dato un caldo benvenuto al presidente venezuelano Chávez nella sua visita a Teheran nel 2004. Al momento della visita, Chávez è stato accolto con l'inaugurazione di una nuova statua di Simón Bolivar, l'eroe nazionale venezuelano, nel parco Goft-o-gou di Teheran.
Nel 2004 si avviò la raccolta firme per attivare un referendum revocatorio o referendum ratificatorio per una destituzione popolare del Presidente in carica (il tutto permesso dalla Costituzione Bolivariana del 1999 voluta dal Presidente Chávez).
L'opposizione presentò 3,4 milioni di firme per sollecitare il referendum, ma il processo di accettazione fu lungo e complicato. L'opposizione accusò il Consiglio Nazionale Elettorale di parzialità e di azioni irregolari del processo d'accettazione.
Il 3 giugno 2004, il Presidente del CNE Francisco Carrasquero comunicò che le firme erano sufficienti per l'attuazione del referendum. Il giorno di voto fu fissato per il 15 agosto 2004, quattro giorni prima che il Presidente compisse i primi 4 anni di mandato.
L'opposizione necessitava di 3,7 milioni di voti, ossia il numero di voti che il Presidente Chávez ottenne nella sua rielezione del 2000.[non chiaro] Il voto avvenne tramite macchinette elettroniche, con prima il proprio riconoscimento tramite lettura dell'impronta digitale del cittadino per evitare doppi voti. Questo sistema venne criticato da parte dell'opposizione che riteneva l'uso di tale tecnologia un sistema che non assicurava la segretezza del proprio voto.
Il risultato elettorale[39], escludendo i voti nulli, fu di 59,06% dei voti per il NO, mentre il 40,64% per il SI, confermando il Governo del Presidente Chávez:
Voto      Votanti  %
No        5.619.954         58,91%
Sì         3.872.951         40,60%
Nulli      47.064  0,49%
A Caracas, immediatamente dopo la pubblicazione dei risultati, ci furono varie manifestazioni contro il Presidente Chávez. Durante le manifestazioni, dalla parte dell'opposizione venne uccisa una donna a colpi di pistola. Secondo i chavisti, la tattica della destra in occasione del referendum è stata quella di delegittimare le istituzioni venezuelane e i risultati del voto, in modo da far credere che vi fosse una situazione di "caos" e giustificare così un intervento internazionale guidato dagli Stati Uniti, volto a rovesciare i risultati del voto popolare.
Tra gli osservatori internazionali, il più considerato fu il Centro Carter (organizzazione senza fine di lucro fondata nel 1982 dall'ex presidente degli USA Jimmy Carter). Nonostante le accuse dell'opposizione alla presenza di brogli elettorali, Jimmy Carter definì il voto un "esempio di democrazia" e "più serio delle elezioni in Florida del 2000" e invitò la cittadinanza ad accettarne il risultato.
Ciò considerato, e vista anche la netta prevalenza dei NO, l'opposizione dopo qualche settimana fece cessare le contestazioni.
Lista Tascon
Il 20 marzo del 2004, il Ministro della Salute e dello Sviluppo Sociale Roger Capella, ai microfoni della televisione nazionale, fa la seguente dichiarazione:
« Un traditore non deve stare in un posto di fiducia. E questo stato ha una politica di corrispondenza con il Governo che si ritrova, dove non c'è spazio per i traditori. Quanti siano, chi ha firmato è fuori! »
In seguito al deposito delle firme necessarie per attuare il referendum, l'intera lista dei firmatari venne pubblicata da un deputato, tale Luis Tascon, attraverso il suo sito internet. L'invito del deputato Tascon e dello stesso Presidente Chávez (attraverso il suo programma "Alò Presidente") fu diretto a tutti i cittadini, consigliando loro di scaricare la lista e verificare direttamente da casa se il proprio numero di carta d'identità era presente senza aver firmato. Una sorta di autocontrollo popolare di verifica dei brogli.
Nell'aprile del 2005, il Presidente Chávez si scagliò contro l'uso della lista:
« Sotterrate la lista di Luis Tascon! Sicuramente ha compiuto una pagina importante in un momento determinante, ma ormai fa parte del passato.[40] »
Si nutre un forte sospetto nei confronti del neo Vicepresidente, Jorge Rodríguez Gómez, Presidente del CNE (Centro Nazionale Elettorale) all'epoca del Referendum. L'organo che aveva la possibilità di dare la lista dei firmatari per il referendum al deputato Tascon poteva essere solo lo stesso organo di controllo elettorale. Tale collaborazione avrebbe fatto diventare ministro del "Despacho de la Presidencia" la sorella di Jorge Rodríguez, Delcy (dal 2007 è diventata Coordinatrice Generale della Vicepresidenza, annuncio pubblicato dalla risoluzione numero 121 della Gazzetta Ufficiale del 2 febbraio 2007, sotto designazione dello stesso fratello Jorge).
2006: l'anno della rielezione
Dopo le vittorie dei chavisti nelle elezioni per i governatori degli Stati (ottobre 2004), nelle amministrative del 2005 e nelle elezioni per l'Assemblea Nazionale (sempre nel 2005), Chávez compie a maggio 2006 una serie di visite ufficiali in Europa, Italia compresa, incontrando papa Benedetto XVI e il neoeletto presidente della Camera Fausto Bertinotti, e parlando alla FAO a Roma.
Il 20 settembre del 2006, intervenendo all'Assemblea delle Nazioni Unite, definisce il presidente statunitense Bush «il diavolo in persona» (tanto da farsi il segno della croce all'arrivo del presidente degli Stati Uniti).[41][42]
Il 3 dicembre del 2006 si svolgono le elezioni presidenziali, considerate da Chávez alla vigilia come un avvenimento cruciale per la storia del Venezuela, in quanto in gioco c'è il futuro stesso della Rivoluzione Bolivariana da lui portata avanti da quando è presidente. La campagna elettorale è stata caratterizzata da una forte polarizzazione sociale e politica, culminata, a pochi giorni dal voto, da due enormi manifestazioni, l'una di sostegno al candidato unico delle opposizioni, Manuel Rosales, governatore del ricco Stato petrolifero di Zulia, l'altra, più partecipata, organizzata dal movimento Bolívariano, in appoggio di Chávez: in entrambi i casi centinaia di migliaia di persone hanno invaso le vie di Caracas.
I risultati elettorali vedono la rielezione di Chávez, che cresce al 62,87% (con 7.274.331 voti), come Presidente della Repubblica, mentre Rosales si ferma al 36,88% (4.266.974 voti). Chávez risulta essere il più votato presidente dal 1958, in una tornata elettorale che ha visto un netto calo dell'astensionismo (meno del 25%) rispetto ai voti precedenti. È la prima campagna elettorale nella quale Hugo Chávez si presenta con un programma apertamente socialista, che denomina Socialismo del XXI secolo.
È la seconda volta nella storia che un candidato e un partito apertamente socialista (in senso anticapitalista) trionfano in elezioni libere e certificate da molteplici centri di osservazione internazionali, tra i quali l'Unione europea e il Giappone che ha fornito la tecnologia. La prima volta era toccato a Salvador Allende in Cile, il 4 settembre 1970. L'opposizione ha ammesso la sconfitta, auspicando dialogo con il rieletto Presidente. Nei discorsi successivi alla vittoria, Chávez ha affermato che con le elezioni si è aperta una nuova fase della Rivoluzione Bolívariana, che consiste nella costruzione di "un socialismo costruito dal basso, dall'interno". Lo scontro con i riformisti del movimento Bolívariano, che vogliono un passaggio lento e graduale verso il socialismo, appare aperto: secondo Chávez la forza e l'organizzazione delle masse impongono un'accelerazione del processo rivoluzionario.
Chávez ha poi dichiarato guerra alla burocrazia statale e dei partiti, che a suo dire hanno portato avanti negli anni una vera "contro-rivoluzione", col sabotaggio delle decisioni governative. Ferma appare poi la sua volontà di sconfiggere la corruzione dilagante nell'apparato statale. L'8 gennaio 2007, in occasione del giuramento come Presidente del Venezuela, ha annunciato di voler nazionalizzare, attraverso una legge, tutte le industrie privatizzate negli anni novanta dai precedenti governi: tra queste, le aziende nazionali delle telecomunicazioni e dell'energia elettrica. L'obiettivo è stabilire "la proprietà sociale sui settori strategici". A questi annunci, hanno fatto seguito le proteste del presidente USA George W. Bush e il crollo della Borsa statunitense (-18%).
La proposta di rieleggibilità fino al 2031
Destò scalpore quando nel maggio 2006 Chávez propose di decretare un referendum per poter essere rieletto fino al 2031 se l'opposizione avesse urlato ai brogli alle elezioni di dicembre:
« Se escono con qualunque "marramucia" (trappola), dandoci degli imbroglioni, disconoscendo il trionfo o ritirandosi prima delle elezioni, allora convocherò un referendum attraverso decreto per chiedere ai venezuelani se accettano che possa rimanere rieletto fino al 2031. »
(Hugo Chávez)
Dure le critiche dell'opposizione, che durante la campagna elettorale del 2006 pubblicarono in diversi manifesti le parole del Libertador Simón Bolívar:
« La continuazione dell'autorità in uno stesso individuo in maniera frequente è stata la fine dei governi democratici. Le ripetute elezioni sono essenziali nei sistemi popolari, perché non c'è niente di più pericoloso come lasciar permanere per lungo tempo il potere nello stesso cittadino. Il popolo si abitua ad obbedirgli e lui si abitua a comandarlo; da dove si origina l'usurpazione e la tirannia. »
(Simón Bolívar)
Nei paesi del "primo mondo", la situazione è varia. Negli Stati Uniti, ad esempio, il presidente non può restare in carica per più di due mandati consecutivi, mentre in alcuni paesi europei (tra cui l'Italia e la Germania, dove però quest'ultimo ha poteri ridotti) non c'è limite alla rielezione di un presidente.
Bisogna ricordare, infine, che basta un referendum per destituire il presidente eletto. Questa modifica costituzionale fu voluta dallo stesso Chávez durante il suo primo mandato ed è già stata utilizzata dall'opposizione.Vedi "Referendum del 2004"
Verso il Partito Socialista Unito
In una dichiarazione successiva alle elezioni, Hugo Chávez ha proposto di unificare i partiti del movimento Bolívariano nel Partito Socialista Unito del Venezuela (PSUV), che a suo parere dovrà nascere dalla base dei partiti pre-esistenti, a partire dalle squadre e dai battaglioni elettorali, che erano stati determinanti per la vittoria della sinistra nel referendum revocatorio del 2004 e nelle elezioni presidenziali del 2006.
Nelle intenzioni di Chávez, il nuovo soggetto politico non dovrà risultare dalla semplice aggregazione dei partiti già esistenti, né riproporre lo schema di una burocrazia che lo stesso Chávez considera auto-referenziale e "contro-rivoluzionaria". Significativo è che l'appello di Chávez per il nuovo partito si è rivolto direttamente alla base militante del movimento, "scavalcando" così quelle leadership burocratiche contro cui ormai Chávez si scontra apertamente. Il nuovo partito dovrà essere, secondo il presidente, "autenticamente democratico", con un'elezione dei leader direttamente da parte della base militante.
Il processo di iscrizione al nuovo partito ha assunto rapidamente un carattere di massa, con il reclutamento di milioni di venezuelani.[43]
Nello stesso anno si costituisce la coalizione organica e stabile Alleanza Patriottica, che crea una unità di azione per il medesimo obiettivo con il PCV, nel quadro di una collaborazione duratura che ha più volte portato quest'ultimo al quasi scioglimento.
La crisi diplomatica tra Venezuela e Colombia
Il primo marzo del 2008 le forze armate colombiane hanno compiuto un'azione in violazione della sovranità dell'Ecuador volta all'eliminazione di esponenti delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia FARC mentre il presidente Chávez era impegnato a trattare con quest'ultime la liberazione dell'ostaggio Íngrid Betancourt. Il risultato dell'operazione è stato l'assassinio di Raul Reyes, il numero due delle FARC. All'azione militare colombiana ha seguito un'immediata risposta da parte di Ecuador e Venezuela.
Il Venezuela ha schierato il suo esercito al confine con la Colombia e ha interrotto le relazioni diplomatiche, stessa cosa ha fatto il presidente dell'Ecuador Rafael Correa. Condanne dell'azione voluta dall'ex presidente della Colombia, Álvaro Uribe Vélez, sono state pronunciate da un po' tutti i paesi del Sud America e addirittura da alcuni paesi europei. I soli a difendere l'operato illegale dell'esercito colombiano sono stati gli Stati Uniti. La crisi si è conclusa con il Vertice di Rio di Santo Domingo, dove i tre presidenti hanno dichiarato chiusa la crisi.
Con l'arrivo del nuovo presidente della Colombia, Juan Manuel Santos, i rapporti tra i due paesi sono molto migliorati, considerando che si è trattato solo di un conflitto inter-politico, assai lontano dalle relazioni culturali e sociali tra i cittadini colombiani e venezuelani.
Elezioni del 2012
Hugo Chávez si è ricandidato nuovamente alle elezioni presidenziali di ottobre 2012, il 12 giugno. Insieme alla famiglia e a numerosi sostenitori, ha iniziato il tour elettorale da Caracas, con lo slogan Chávez corazón de mi patria ("Chávez cuore della mia patria"), che riprende il simbolo adottato dai manifesti, un cuore con i colori della bandiera venezuelana[16][44]
Opposto ad Henrique Capriles Radonski del partito Prima la Giustizia, il 7 ottobre Chávez si è confermato presidente con il 55,25% dei voti contro il 44,13% del suo contendente[45].
Critiche e aspetti controversi
Il rapporto con i media
Chávez conduce un programma televisivo politico in cui spiega i suoi provvedimenti e commenta l'attualità, Aló presidente ("Ciao presidente"). Da quando Chávez venne eletto per la seconda volta Presidente del Venezuela, il numero di canali legati al governo sono stati aumentati da due (VTV e Asamblea Nacional TV) a cinque (più i canali Vive, TeleSUR e la recente Televisora Venezolana Social). I più importanti canali privati nazionali, non soggetti al controllo governativo, che trasmettono via antenna sono Venevisión, Televen (vengono esclusi dalle critiche governative i vari canali di sola musica come Puma TV - in via d'acquisto da parte del governo - e di solo sport come Meridiano Televisión), mentre quelli che trasmettono via cavo sono Globovision, Canal de Noticias (entrambe televisioni di solo notizie e di approfondimento, ma in opposizione al governo) e in ultimo RCTV.
Forti sono le critiche per la legge per la tutela dei minori e di responsabilità dei media, emanata in seguito al tentativo di golpe del 2002, che vieta la trasmissione di immagini violente prima delle dieci di sera. Ciò riduce la possibilità d'informazione ai cittadini venezuelani in caso di scontri violenti tra polizia e cittadinanza stessa. In seguito a queste nuove leggi di tutela, i canali come Televen e Venevisión, per il loro rigoroso rispetto, ora vengono ben considerati dal governo.
La relazione degli osservatori europei sulle elezioni del 2006
Nelle ultime elezioni presidenziali del 3 dicembre 2006, la commissione di Osservazione Internazionale dell'Unione Europea verificò l'andamento della propaganda mediatica televisiva pre-elettorale:[46]
Le norme pubblicate per il CNE nel luglio 2006 dichiarano che "i media di comunicazione pubblici e privati daranno copertura informativa completa e bilanciata dei fatti in relazione alla campagna elettorale. Con effetto, osserveranno un rigoroso equilibrio per quanto riguarda spazi e gerarchia delle informazioni relative alle attività di sviluppo per tutti i candidati e candidate, organizzazioni con fini politici, gruppi di elettrici ed elettori a livello nazionale".
La maggioranza dei media, privati e pubblici, non hanno rispettato le norme del CNE, offrendo un'informazione di parte e appoggiando apertamente uno dei principali candidati. In tal proposito il CNE non ha effettuato alcuna sanzione ne rimprovero, nonostante fosse legittimato per legge. Nella relazione leggiamo che nella copertura informativa nel canale di Stato, VTV, c'è stato un ampio squilibrio a favore del candidato Hugo Chávez. Tuttavia le autorità elettorali aprirono un'indagine amministrativa per chiarire la possibile violazione delle norme elettorali da parte del canale Telesur (creato e finanziato dal Mercosur) per aver divulgato dei risultati di un sondaggio durante la giornata del voto.
I due canali privati più seguiti nel paese hanno palesemente appoggiato il candidato dell'opposizione, Rosales, e criticato pesantemente il presidente uscente.
Televisione        Chávez  Rosales
VTV       86%     14%
RCTV     29%     69%
Globovision        35%     65%
Per quanto riguarda i canali Televén e Venevisión, la relazione dichiara che esse hanno dedicato minor tempo che altri canali alla campagna elettorale, dando un servizio d'informazione politica e tono critico molto basso. Nonostante tutto, entrambe hanno favorito apertamente il presidente uscente.
Gli osservatori hanno notato la drastica riduzione delle catene presidenziali e la discontinuità del programma televisivo Aló Presidente a partire dalla data di inizio della missione europea del 15 novembre.
Per quanto riguarda i quotidiani nazionali analizzati, Últimas Noticias e, particolarmente, Vea hanno favorito apertamente la campagna di Hugo Chávez, mentre El Nacional, El Universal ed El Nuevo País si sono caratterizzati per le critiche al governo uscente. El Mundo invece è stato il quotidiano più equilibrato.
La fine della concessione a RCTV
Il governo venezuelano nel 2007 non ha rinnovato la concessione delle frequenze e l'autorizzazione a trasmettere a RCTV, il canale televisivo più antico del Venezuela (con oltre 50 anni di trasmissione). L'emittente è stata accusata di continua violazione della legge di responsabilità civile dei media (che limita pornografia e violenza), di aver appoggiato il golpe del 2002, di campagna persistente mirata al rovesciamento violento del governo e di essere finanziati da un paese straniero (e precisamente dalla CIA). Nonostante la gravità di tali affermazioni, raccolte anche in libri come Il codice Chávez di Eva Golinger, non è stata effettuata alcuna denuncia nei confronti del canale o dei suoi dipendenti. Di conseguenza, l'emittente non ha potuto effettuare una difesa processuale del suo operato e l'autorità giudiziaria non ha potuto verificare la fondatezza delle accuse.
La data prevista per la revoca delle frequenze era stata fissata per il 27 maggio 2007, subito contestata e portata di fronte al Tribunale Supremo di Giustizia. Nonostante la Corte Suprema di Giustizia non avesse ancora formulato sentenza al ricorso di RCTV, il Presidente Hugo Chávez ufficializzò mediante decreto (11 maggio 2007) il passaggio della concessione delle frequenze alla Televisora Venezolana Social (TEVES), la nuova rete di servizio pubblico del Venezuela che iniziò le sue trasmissioni il 28 maggio 2007.
Il canale, in mancanza di frequenze e della propria strumentazione (ripetitori televisivi) per trasmettere via antenna (materiale confiscato dal governo), non riuscì a trasmettere né via cavo né via satellite fino al 20 luglio 2007 (traguardo raggiunto dopo numerose difficoltà burocratiche). Durante questo periodo l'emittente trasmise attraverso la rete informatica con un suo programma, il notiziario "L'observador" tramite Youtube.
Il Presidente Chávez, nei confronti del canale RCTV, non risparmiò di commentare il provvedimento:
« L'unica forma in cui la concessione non finisca è che domenica 27 a mezzanotte Hugo Chávez non sia presidente del Venezuela! È l'unica forma »
« Se con questo stiamo limitando la libertà d'espressione, al contrario! Finisce la tirannia che ha tenuto questo gruppo economico in quel canale, perché lì hanno esercitato una vera tirannia »
Forti sono state le contestazioni contro l'oscuramento dello storico canale venezuelano, con cortei e manifestazioni (specialmente da parte di studenti universitari). Il clima della protesta degenerò in seguito agli scontri verificatisi tra dimostranti e Guardia Nacional e della Polizia Metropolitana. I tafferugli sono stati documentati da una troupe peruviana, guidata dalla giornalista Anuska Buenaluque. La troupe peruviana riprese le immagini finché non ci fu il tentativo di sequestro della telecamera da parte di alcuni agenti della Guardia Nacional e il successivo uso delle armi in dotazione per le operazioni di ordine pubblico contro la giornalista e il cameraman (entrambi lievemente feriti con proiettili di gomma).
Il reportage è stato successivamente trasmesso dal canale peruviano América Televisión nel programma "Cu4rto poder" ("Quarto potere") e su YouTube[47]. L'unico canale a trasmettere i disordini e le manifestazioni a Caracas è stato un canale privato, Globovision (violando peraltro la legge per la tutela dei minori e della responsabilità civile dei media che limita la trasmissione di immagini violente), mentre i canali governativi e i rimanenti di opposizione (Televen, Venevision, ecc.) hanno ignorato gli scontri e continuato a trasmettere la normale programmazione.
Onorificenze
Onorificenze venezuelane
            Gran Maestro e Gran Collare dell'Ordine del Liberatore
            Gran Maestro e Gran Croce dell'Ordine di Francisco de Miranda
Onorificenze straniere
            Gran Collare dell'Ordine dell'Infante Dom Henrique (Portogallo)
— 2001
            Ordine dell'Amicizia tra i Popoli (Bielorussia)
— 2008
            Ordine di José Martí (Cuba)
Filmografia
¿¡Revolución!?, diretto da Charles Gervais - documentario (2006)
The War on Democracy (La guerra alla democrazia), di e con John Pilger - documentario (2007)
A sud del confine (South of the Border), diretto da Oliver Stone - documentario (2009)
Note
^ Sud America. Venezuela, Chavez sconfitto dal cancro. Maduro presidente ad interim
^ Venezuela’s Hugo Chavez Dies, Vice President Maduro Says. URL consultato in data 5 marzo 2013.
^ Venezuela: Hugo Chavez tra idealismo e critiche
^ rapporti peraltro non ideologici, ma tattici, in quanto la repubblica islamica è uno dei maggiori critici dell'ingerenza statunitense ma non è un paese socialista; inoltre Libia, Iran e Venezuela sono tre grandi esportatori di petrolio, membri dell'OPEC; vedi anche Relazioni bilaterali tra Iran e Venezuela
^ a b Governo del Venezuela, Gobierno En Línea (2005). "Presidente Hugo Rafael Chávez Frías", Gobierno En Línea. Consultato il 15 giugno 2006.
^ Hugo Chávez Venezuela's Redeemer Burt, Jo-Marie & Rosen, Fred: Maggio 2000
^ Garibaldi, l'eroe di Chavez
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^ Video del servizio della giornalista Anuska Buenaluque durante le proteste contro il mancato rinnovo della concessione governativa all'emittente RCTV
Bibliografia
Cristina Marcano, Alberto Barrera Tyszka, Hugo Chávez, il nuovo Bolívar?, Baldini Castoldi Dalai, 2004, ISBN 978-88-6073-029-9
Roberto Massari, Hugo Chávez tra Bolívar e Porto Alegre, Massari, 2005,ISBN 88-457-0210-3
Eva Golinger, Codice Chávez, Zambon Verlag
(ES) Cristina Marcano, Alberto Barrera, Hugo Chávez sin uniforme (Hugo Chávez senza uniforme), Debate, 2005, ISBN 987-1117-18-3
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Eva Golinger, Hugo Chávez e la rivoluzione Bolívariana, Zambon Verlag, 2006, ISBN 88-87826-40-4
Américo Martín y Freddy Muñoz, Socialismo del siglo XXI ¿huida en el laberinto?, Editorial Alfa, Colección Hogueras, 2007
Fausto Masó, El día que se vaya Chávez, Editorial Libros Marcados, 2007
Manuel Anselmi, I bambini di Chávez. Ideologia, educazione e società in America Latina, Franco Angeli, Milano, 2008.
Altri progetti
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Collegamenti esterni
La Guerra Alla Democrazia, documentario di John Pilger sulle pressioni statunitensi contro il progresso del Venezuela video
A sud del confine, film di Oliver Stone del 2009 con interviste a Chávez ed altri leader sudamericani
The Revolution Will Not Be Televised, documentario di Kim Bartley e Donnacha O Briain sul golpe del 2002
Intervista a Hugo Chávez di Gennaro Carotenuto
Le verità di Hugo Chávez all'assemblea dell'Onu del 16/09/05
Articolo su Chávez da TheProgressive
Articolo su Chávez da Le Monde-Diplomatique
Articolo sul discorso di Chávez su ALBA a Cuba
Articolo sui progetti sociali di Chávez in Venezuela
Dossier cartografico sul Venezuela di Chávez
Predecessore     Presidente del Venezuela            Successore       
Rafael Caldera Rodríguez 1999 - 2002       Pedro Carmona Estanga (golpe)  I
Diosdado Cabello Rondón (ad interim)     2002 - 2013       Nicolás Maduro (ad interim)        II
 Portale Biografie- Portale Politica- Portale Socialismo “

                                                                                           Tratta da it.wikipedia



Nicolás Maduro Moros (Caracas, 23 novembre 1962) è un politico e sindacalista venezuelano. E' Ministro degli Esteri del Venezuela dal 2006 e Vicepresidente Esecutivo dal 2012. Sempre dal 2012, a causa della malattia del presidente Hugo Chávez svolge anche le funzioni di Capo di stato supplente; dalla morte di Chavez è Presidente ad interim della Repubblica Bolivariana del Venezuela[1].
Nicolas Maduro è nato il 23 novembre 1962 a Caracas. Ex militante della Lega Socialista, lavora come autista per la Metropolitana di Caracas, qui ha fatto carriera sindacale e come sindacalista è stato membro del consiglio di amministrazione dell’azienda pubblica di trasporti di Caracas. Trai fondatori del Sitrameca (Sindacato Metro de Caracas), si avvicina negli anni 90 alla figura carismatica di Hugo Chávez, in predicato di candidarsi alla guida del Venezuela.
Passa dunque a far parte del MVR, partito con il quale partecipa alla campagna elettorale del 1998 in cui Hugo Chavez risultò eletto Presidente del Venezuela. Fu eletto deputato alla Assemblea Nazionale Costituente del Venezuela del 1999 che scrisse la nuova Costituzione del paese, dopodiché fu eletto all’Assemblea Nazionale del Venezuela nel 2000, carica che riottenne nelle elezioni del 2005, per poi essere nominato presidente del parlamento. Nel 2006, dopo un anno, abbandonata la carica di presidente del parlamento, Hugo Chavez lo chiama a far parte della compagine governativa per diventare capo del Ministero del Potere Popolare per gli Affari Esteri.
Il 10 ottobre 2012, dopo le elezioni presidenziali, fu nominato nuovo vicepresidente dell'Esecutivo, al posto di di Elías Jaua Milano, in carica dal 2010.
L’8 dicembre 2012 in un discorso alla nazione, il Presidente Hugo Chavez annunciò un nuovo ricovero in un ospedale dell’Avana, a Cuba, allo scopo di sottoporsi a nuove cure oncologiche. Chavez indicò come possibile successore Nicolas Maduro, qualora non fosse stato più in grado di completare il mandato presidenziale. Dopo l’annuncio, i maggiori e influenti vertici del PSUV proclamarono la propria fedeltà a Maduro. Dopo la morte di Chavez avvenuta a Caracas il 5 marzo 2013, Maduro assunse la Presidenza ad interim del Venezuela, fino alle nuove elezioni presidenziali, che si svolgeranno in aprile.
La Costituzione del Venezuela (art. 231) prevede che il Presidente eletto deve prestare giuramento davanti all'Assemblea Nazionale entro il 10 Gennaio (del primo anno di mandato), ovvero davanti al Tribunale Supremo di Giustizia.
Una sentenza ha chiarito che per il secondo mandato di Chavez non ero necessario prestare il giuramento in virtù del fatto che non esisteva interruzione nell’esercizio della carica.
Se la carica di Presidente diviene vacante, viene assunta dal vicepresidente (art. 233). Secondo un altro comma dello stesso articolo, sostenuto dagli oppositori, se il Presidente non ha mai prestato giuramento (come nei casi di morte, rinuncia o destituzione) la carica spetta al Presidente dell'Assemblea Nazionale, Diosdado Cabello.


                                                                                                           Tratta da it.wikipedia     

Henrique Capriles Radonski (Caracas, 11 luglio 1972) è un avvocato e politico venezuelano, governatore dello stato di Miranda dal 2008. Capriles è uscito vincitore dalle primarie del 12 febbraio 2012 come candidato di opposizione per le elezioni presidenziali venezuelane del 7 ottobre 2012, ed è stato lo sfidante unico alla candidatura del presidente Hugo Chávez, finendo battuto con il 45 per cento dei consensi, contro il 54 del presidente uscente[1].Di religione cattolica, Capriles è figlio di Henrique Capriles García, uomo d'affari di ascendenze ebraiche sefardite, e di Mónica Cristina Radonski Bochenek, ebrea aschenazita, discendente di una famiglia giudaica russo-polacca sopravvissuta all'olocausto.Entrò nella Camera dei Deputati venezuelana con il partito centrista COPEI nel 1998, risultando il più giovane deputato mai eletto prima[2]. È stato l'ultimo e il più giovane vicepresidente dell'estinto Congresso della Repubblica nonché presidente della Camera dei Deputati tra gli anni 1999 e 2000. È inoltre stato eletto sindaco per due mandati consecutivi del comune di Baruta, tra il 2000 e il 2008.È membro fondatore e leader del partito "Centro Humanista", Prima la Giustizia (Primero Justicia), ed è stato coordinatore nazionale aggiunto dello stesso fino al 2008. Nel 2008 sfidò e sconfisse Diosdado Cabello nelle elezioni per il governatorato dello stato di Miranda. Il suo governo si è distinto per gli investimenti nell'istruzione. Nel febbraio 2012 ha vinto le primarie dell'opposizione come candidato per le presidenziali, ottenendo 1.900.528 voti, pari al 64.2% dei votanti (esclusi quelli all'estero).[3] Il 6 giugno 2012 Capriles ha ceduto i suoi poteri al Segretario Generale dello Stato Adriana D'Elia, nel rispetto della legge venezuelana sul cumulo dei mandati, che impedisce a un governatore di presentarsi alla corsa per le elezioni presidenziali. Capriles ha detto di ispirarsi all'ex presidente brasiliano Lula da Silva[2], che, peraltro, ha appoggiato Hugo Chávez in passato e anche per le presidenziali del 2012.

^ Omero Ciai, Venezuela, Chavez eletto per il quarto mandato. "Grazie al mio amato popolo, viva Bolivar", la Repubblica, 8 ottobre 2012

^ a b (EN) Venezuela poll: Opposition candidate Henrique Capriles. URL consultato in data 28-9-2012.

^ (EN) A total of 3,040,449 votes were cast in opposition primary election. 14-2-2012. URL consultato in data 28-9-2012.

                                                                                              Tratta da it.wikipedia

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