In onore del Comandante "Pippo"
Mio discorso del 31 luglio 2005 per la Commemorazione ufficiale del Comandate partigiano Manrico Ducceschi "Pippo" dei suoi partigiani e dei soldati dall V Armata Usa e dell'O.S.S., tenuto sulla montagna pistoiese alla Pianaccina di Pian di Novello, Comune di Cutigliano, Provincia di Pistoia.
Rivolgo un cordiale saluto a tutti gli intervenuti: l’amico Tiziano Palandri (che mi ha pregato di riferirvi che si dispiace di non poter esser presente oggi per motivi di salute e che ringrazia tutti ed in particolare il Comune di Cutigliano per la sua disponibilità) ha voluto che introducessi questa cerimonia odierna in onore dei caduti partigiani e dei soldati della 5 Armata USA e dell’OSS che con loro proficuamente collaborarono, per la Liberazione di questa parte della nostra Toscana e poi dell’ intero Paese dall’oppressione nazifascista.
Forse devo questo al fatto che Palandri, vicecomandante della formazione, ha letto alcuni miei scritti che gli sono piaciuti, in particolare quello sul Comandante Manrico Ducceschi, uscito recentemente sulla rivista toscana “Microstoria” e che la signora Laura Poggiani ha poi gentilmente voluto inserire nel suo bel sito Internet recentemente da lei aperto e dedicato a “Pippo”.
E’
per me un grande onore, quindi, partecipare e parlare a questa importante
commemorazione: cercherò di essere all’altezza delle vostre aspettative, non
sono un oratore e non so se ci riuscirò, mi conforta perciò l’autorevole presenza odierna del prof. Sereni,
sindaco di Barga, che dopo me prenderà la parola e che meglio di me si potrà
soffermare su alcuni aspetti degli avvenimenti che hanno contrassegnato una
parte importante della nostra Storia.
In
particolare Tiziano Palandri, col quale ho concordato questo intervento, mi ha
incaricato di esprimere al prof. Sereni
(di cui ricorda con affetto il padre, giornalista, vecchio antifascista amico
dei f.lli Rosselli e combattente in Spagna) tutta la sua riconoscenza.
In
sostanza sono qui oggi, oltre che per rendere un sincero e personale omaggio a
Pippo ed ai suoi partigiani, per parlare di vicende e di uomini che qualcuno
fra di voi indubbiamente conosce meglio
di me per esserne stato protagonista.
Per
alcuni non dirò quindi niente di nuovo, ma cercherò soltanto di ripercorrere
brevemente fatti e personaggi e, da studioso di storia, cercherò di fare alcune
considerazioni sulla scorta di
impressioni che ho tratto studiando il periodo.
Dirò
subito, e forse sfondo una porta aperta, che Pippo ed i suoi uomini pur essendo
ricordati come una formazione leggendaria, una formazione che la Resistenza
l'ha fatta davvero (e bene!), tuttavia
non hanno avuto tutti gli onori che avrebbero giustamente meritato. Né loro né
tantomeno gli uomini che valorosamente collaborarono con loro operando
nell’OSS.
Ma
su questi aspetti e sul perché di tutto questo ci soffermeremo in seguito.
Non
si può parlare dei patrioti dell’XI Zona se non si rievoca qui brevemente la
vita del suo comandante Manrico Ducceschi, che dal niente
creò questa formazione ed insieme a loro la fece grande.
L'armistizio
dell' 8 settembre 1943 e l'occupazione tedesca furono per la coscienza di molti
giovani come una cartina di tornasole. Li posero di fronte a scelte
drammatiche: nascondersi, aderire alla repubblica di Salò, combattere i
nazifascisti. Di fronte a questi dilemmi in alcuni di loro emersero attitudini
e qualità che altrimenti sarebbero forse rimaste per sempre sopite.
E'
questo proprio il caso di Manrico, ricordato, come ha scritto il suo biografo
Giorgio Petracchi, solo fino a pochi
anni prima a Pistoia, negli ambienti
dell'élite un po' conformista e provinciale del liceo "Forteguerri"
come studente, indubbiamente intelligente, ma dispersivo e non certo brillante.
Manrico
nacque a Capua l’11 settembre 1920,
da Fernando Ducceschi, pistoiese,
agronomo, e da Matilde Bonaccio,
casalinga. Avrà poi una sorella, Leila.
Compiuti
gli studi medi e superiori si iscrisse e frequentò con profitto la Facoltà di
Lettere di Firenze prendendo anche contatto con "Giustizia e
Libertà", ma nemmeno in quell'ambiente sembrò particolarmente distinguersi
ed emergere.
L'armistizio
trova Ducceschi a Tarquinia, allievo ufficiale del V Rgt. Alpini.
Manrico
riesce a sottrarsi alla cattura tedesca ed a rientrare a Pistoia, dove abitava
in via Bellini dirigendosi subito dopo a Firenze dove riprende i contatti col
Partito d'Azione. Inviato sulla montagna
pistoiese con pochi compagni, assume il nome di battaglia di Pontito.
Da
subito Manrico mostra insospettate doti di organizzatore: già a metà settembre,
costituisce la prima brigata "Rosselli" ed in questo periodo che va
dal settembre 1943 al gennaio 1944 gli sforzi sono indirizzati all'organizzazione: prende contatti col Cln
di Lucca, recupera armi, costituisce una rete di supporto, inserimento e
preparazione di nuovi combattenti
e, creando in tutta la zona nuclei
di informatori e simpatizzanti sulla base di solide relazioni con parroci,
pastori e qualche comandante di stazione
dei carabinieri, assorbe poi alcune formazioni minori del Pesciatino e della
Lucchesia con i cui uomini intraprende le prime azioni di sabotaggio.
Crea
insomma quell’atmosfera di entusiasmo e collaborazione che sarà la base
essenziale per i successi del 1944 e del 1945.
Assunto
il nome di battaglia di Pippo, stabilisce poi il suo quartier generale alle Tre
Potenze e organizza i suoi uomini suddividendoli in settori, gruppi e
distaccamenti, giungendo via via a coprire un vasto e nevralgico settore nella
zona della Linea Gotica: dalla Val di Lima, all'Abetone, da parte
dell'Appennino modenese, alla Garfagnana ed alle valli del Pescia e della
Nievole; rientra, tra l'altro, nel suo campo d'azione, la Statale 12 dell'Abetone
e del Brennero, fondamentale per gli spostamenti delle truppe nazifasciste.
Quanto
sia stata importante l’azione partigiana in questa parte della Linea Gotica lo
ha spiegato, tra gli altri, lo storico tedesco Gerhard Schreiber quando ha
scritto: “...i partigiani italiani crearono ai tedeschi, dal giugno [1944]in
poi, nel settore tirrenico, maggiori difficoltà che le truppe alleate; già nel
dicembre del '43 il comandante del genio della XIV Armata comunicava al comando
d'armata che i partigiani, distruggendo le vie di comunicazione rendevano
difficile la costruzione delle fortificazioni sia sugli Appennini che sulla
costa; il 5 giugno '44 il Comando militare di Lucca informò che la guerriglia
prendeva sempre più il sopravvento nelle Alpi Apuane, nella Garfagnana e nelle
montagna appenniniche; i partigiani
minacciavano la sicurezza delle truppe tedesche in detta zona e avrebbero
potuto bloccare a piacere i valichi e ferrovia negli Appennini”.
Ricordiamo
anche che nella seconda quindicina di giugno 1944 il comandante in capo
generale von Zangen si diceva convinto che la guerra partigiana nella zona
appenninica, incredibilmente aumentata, ben preparata organizzata e coordinata
non doveva essere più considerata come un insieme di azioni indipendenti di alcuni
gruppi singoli, ma di un movimento insurrezionale, evidentemente diretto dal
nemico, i cui membri combattevano “...in conformità alle regole della
guerriglia”.
Il
16 marzo 1944 la formazione assumerà "dietro parere concorde di tutti i
componenti" la denominazione ufficiale di "Esercito di Liberazione
Nazionale-XI Zona Militare Patriotti" prendendo l'impegno, sempre
gelosamente difeso dal suo Comandante, di darsi “un carattere essenzialmente
apolitico e ... fini esclusivamente militari e patriottici".
Pippo
infatti, pur accogliendo fra le sue, file antifascisti di appartenenza o di
estrazione politica eterogenea (giellisti, anarchici, comunisti, senza partito,
monarchici, cattolici), vedeva tuttavia nel dibattito politico e nelle
divisioni partitiche un serio ostacolo ad un rapida vittoria contro il
nazifascismo.
Vale
la pena, a questo proposito, citare un brano scritto da Maria Luigia Guaita,
inviata presso di lui dal CTLN per ottenerne una relazione: «Pippo ... era uno
dei comandanti più autorevoli e stimati di tutta la Toscana ... Già a giugno
[1944] aveva sotto di sé più di mille uomini, ormai equipaggiati e armati, la
formazione più forte di tutto il pistoiese e dintorni... Era il migliore dei
nostri comandanti. Lo ricordavo appena dieci mesi prima studente di lettere
timido, serio, il più giovane fra gli amici... ora lo guardavo... comandante
partigiano. Ancora più magro più calvo, ma abbronzato e sicuro di sé incuteva
soggezione e affetto ... gli dissi quello che volevano conoscere al comando militare
... Tornò ... con ... le indicazioni richieste ... Allora ... gli mostrai varie
copie dei punti programmatici dei Partito d'Azione e altri opuscoli di
propaganda. Per i politici era importante quanto il combattere che i partigiani
... maturassero nelle idee ... Pippo sorrideva ..."Non li butterai mica
via? ... Ci costano tanto di ansie e di soldi!". “E chissà quante
discussioni” disse Pippo e rideva, .... ma mi accorsi che nel fondo era triste
e deluso ... E scoteva la testa».
A
questo proposito anche Petracchi ha scritto: “Ciò che teneva insieme tanti
uomini così eterogenei era certamente la disciplina fondata sull'esempio di chi
esercitava il comando e sullo spirito generoso e volontaristico di chi
eseguiva. Ma c'era ancora qualcosa
d'altro. L'XI Zona arrivò a coinvolgere diverse centinaia di uomini proventi da
125 Comuni d'Italia: intellettuali, contadini, studenti, militari, operai, un
campionario sociale e culturale, in cui tutte le ispirazioni dell'antifascismo
e della Resistenza erano rappresentate persino nelle sfumature. Senza contare
gli stranieri presenti nella formazione sin dall'inizio: due ufficiali
sudafricani di cui, John Wahl divenne ... [per un certo periodo fino a quando
rimase ferito] il vicecomandante, uno
inglese, tre soldati tedeschi disertori, successivamente anche russi e
caucasici. Ci si chiede allora quale fosse il collante che tenne insieme questi
uomini...Questo collante fu la formula della liberazione nazionale...Nella
scelta cosiddetta “Patriottica” era presente l'ideale di un profondo
rinnovamento etico prima che politico, una tensione morale che Manrico
Ducceschi soleva riassumere nella triade: autodisciplina, uguaglianza, onestà:”
Questa
maturata e crescente attenzione agli aspetti patriottici e militari dell'azione
partigiana, piuttosto che a quelli di equilibrio politico, porterà Ducceschi a
sottrarsi sempre più all'autorità dei CLN ed a privilegiare rapporti diretti
con gli Alleati rifiutando sempre qualsiasi sponsorizzazione politica, come
quella che poi offrirà il repubblicano Pacciardi, anche per questo, e non solo
da parte comunista, verrà poi ingiustamente qualificato, lui sostenitore della
forma repubblicana, come "monarchico", e questa definizione fa un po'
sorridere se ad esempio si pensa al fatto che Pippo e l'XI Zona, nella prima quindicina del gennaio '45,
rifiuteranno decisamente una prennunciata visita del Luogotenente Umberto alla
formazione.
Malgrado
i dissidi, tutto ciò non impedirà, tuttavia, in alcune occasioni, sia la
collaborazione dell'XI Zona con i CLN locali, sia, spesso pur fra divergenti
opzioni operative, con altre formazioni politicamente caratterizzate come la
pistoiese "Bozzi", organizzata dal PCI, e le formazioni emiliane
comandate da "Armando", come nei frangenti dell'attacco tedesco alla
Repubblica di Montefiorino
Compiuta
la scelta "militare" "Pippo" dimostrerà appieno in questo
campo tutte le sue capacità.
Se
si leggono le relazioni sull’attività militare del Comando dell’XI Zona
Patrioti da lui firmate e pubblicate poi nel 1956 sulla rivista “Il Movimento
di Liberazione in Italia” (oggi Italia contemporanea) si resta stupefatti dal
loro numero e dalla loro importanza.
Sono
innumerevoli, alcune di queste sono ricordate, solo per quanto concerne la Val di Lima, sull’invito distribuito in
questa occasione.
Pippo
ed i suoi uomini si distinsero negli attacchi i presidi nazifascisti, (come in una delle prime azioni avvenuta alla
Macchia Antonini agli inizi del marzo 1944, quando disarmò un plotone di
Pionieri della RSI) ed ingaggiarono vere e proprie battaglie, sovente
vittoriose, come avvenne a giugno in Garfagnana in uno scontro durato 4 giorni,
conclusosi vittoriosamente con gravi perdite per il nemico anche per l'appoggio
dell'aviazione alleata che era intervenuta l'ultimo giorno distruggendo
un'autocolonna tedesca di rinforzi.
Merita
soffermarsi su questo aspetto della collaborazione fra partigiani ed alleati,
si tratta di un altro capitolo per lungo tempo rimosso della storia
resistenziale che ci porta a parlare brevemente delle vicende italiane
dell'O.S.S, il servizio degli Stati Uniti che si occupava della raccolta delle
informazioni, di spionaggio e fondamentale sostegno mediante il suo gruppo
operativo, l'OG, alla guerra partigiana, che fu decisivo soprattutto nel
Nord.
Di
questo servizio facevano parte soprattutto italo-americani ed anche molti
volontari italiani, arruolati nell' OSS ed anche nel SOE inglese e il cui contributo fu
essenziale per lo sviluppo della
guerriglia. “Per nulla un mestiere di tutto riposo il loro - ha scritto
Giorgio Spini - tra chi moriva atterrando, chi era catturato quasi subito, o
chi lasciava la pelle in combattimenti vari, la percentuale dei sopravvissuti
era estremamente bassa..”
In
questo ambito, sul campo, si stabilì fra gli uomini di Pippo ed i membri
dell'OSS un rapporto solido e duraturo basato sulla reciproca fiducia, un
rapporto che, in alcuni casi, come ho potuto constatare prosegue tutt'oggi.
Recentemente, anche tramite Albert Materazzi, a suo tempo ufficiale
dell'OSS, ho avuto la possibilità di
conoscere le attività di uomini importanti e coraggiosi come il col. Gerald
Sabatino, recentemente scomparso, che tra l’altro è sempre ricordato da chi lo conobbe per la
sua umanità dimostrata nel prodigarsi per evitare inutili bombardamenti e per
lenire le sofferenze della popolazione
nel durissimo inverno 1944/45.
(Ricordando la sua figura Tiziano
Palandri rivolge, per mio tramite, un cordiale omaggio alla vedova Marie
Formichelli).
Mi
è stata raccontata una delle imprese di questi valorosi, quella condotta dalla
“missione Ginny”, poco conosciuta, i cui
15 uomini quasi tutti di origine italiana (i tenenti Russo, Trafficante, i sergenti
Vieceli, Mauro, Flumeri, ecc.) tutti in
divisa americana, sbarcati a Fremura nei pressi di La Spezia furono catturati
per una spiata il 22 marzo 1944 e furono fucilati dai nazi-fascisti in spregio
di ogni legge internazionale il 26 marzo 1944 a Punta Bianca di Ameglia.
Ma
torniamo a all'XI Zona. Il grande credito riscosso via via da "Pippo"
presso gli Alleati è anche conseguenza della clamorosa azione condotta l'8
giugno 1944 da alcuni suoi uomini nei pressi dell'Abetone in seguito alla quale
rimane ucciso , il contrammiraglio giapponese Toyo Mitunobu, importante
personaggio, vice comandante dei servizi segreti nipponici nell'area del
Mediterraneo, addetto militare giapponese presso la RSI che, nel corso dello
scontro a fuoco rimane ucciso. e vengono acquisiti importantissimi documenti
militari alcuni dei quali addirittura – mi ha assicurato Palandri - ancora
secretati.
Dopo
la liberazione di Bagni di Lucca (28.9.45), e di Barga (1.10.45), raggiunti
dalla V Armata, i partigiani di Ducceschi allacceranno "sul campo",
ottimi rapporti prima con le truppe brasiliane e poi con gli statunitensi,
tanto che dall'ottobre 1944 presteranno servizio "come truppa di linea
inquadrata in forma di reparto regolare ed organico" , poi denominata "Battaglione
Autonomo Patrioti Italiani Pippo" e, con divise ed equipaggiamento
americano, contribuiranno a "tenere" ben 40 km del fronte, dalla
Garfagnana all'Appennino pistoiese contrastando valorosamente le forze tedesche
ed alcuni contingenti delle divisioni "Italia", "San Marco"
e "Monterosa" della RSI.
In
particolare vorrei brevemente ricordare (certo che dopo lo farà meglio di me il
Sindaco di Barga prof. Sereni) che gli
uomini di “Pippo” contrastarono efficacemente nella zona di Sommocolonia e
sulla parte destra del Serchio, la forte
offensiva che le truppe nazifasciste scatenarono in Garfagnana nei giorni del
Natale 1944, in contemporanea con quella
più ampia sviluppata nelle Ardenne. Essi, al prezzo di mumerosi caduti e
dispersi, pur dovendo necessariamente ripeiegare, diedero tuttavia il tempo
necessario alle truppe alleate per potersi riorganizzare e condurre la
controffensiva, condotta poi con successo dai contingenti indiani (in
particolare gurka e sikh ) delle truppe britanniche.
Dopo
lo "sfondamento" della "Gotica" il Battaglione affianca
nell'avanzata le truppe alleate e con esse, quasi sempre precedendole,
partecipa alla liberazione di Modena, Reggio Emilia, Parma, Piacenza (dove tra
l'altro si svolse un aspro combattimento con molti feriti ed un caduto ) ed
entra successivamente in Milano.
Quest'ultime
gesta dell' XI Zona rappresentano una pagina che merita un approfondimento
storiografico che – come mi diceva Tiziano Palandri - deve esser
ancora scritto, ed è importante che ciò venga fatto al più presto
perchè, con l'avanzata su Milano, gli uomini di Pippo dimostrarono che
l’impegno già profuso da molti di loro come partigiani, su questi monti, non
era stato un punto d’arrivo, ma un punto d’onore per fare sempre di più e
sempre meglio, come poi effettivamente fecero, partecipando alla Liberazione
dell’intero Paese.
Questa
nuova prova di valore valse agli uomini di "Pippo", decorato con la
"Bronze Star" americana, l'ammirazione profonda e la definitiva stima
degli Alleati
Solo
a guerra finita ricordò Lindano
Zanchi “…noi rientrammo all'Abetone
con tutti gli automezzi ... e con le armi. Lì all'Abetone le depositammo per
consegnarle" .
Nel
dopoguerra “Pippo” si trasferisce a Lucca dove risiede in P.za S. Michele. Non
è un buon momento per il Comandante: prevalgono ora fra i partiti della
Resistenza quelle diatribe politiche che tanto lo avevano disgustato durante la
lotta armata e che non aveva mai voluto o saputo comprendere e che ora vede di
ostacolo all’urgenza di una patria nuova da ricostruire; subisce anche molti
processi per le azioni e le condanne da lui decretate nei confronti di fascisti
colpevoli, dai quali peraltro esce sempre assolto come uomo dalle indiscutibili
qualità morali.
Nelle
prime ore dei pomeriggio di giovedì 26 agosto 1948, Ducceschi viene trovato
impiccato nella camera della sua abitazione. Suicidio, diranno le indagini, ma
sulle circostanze della sua morte, che risale a due giorni prima, qualcuno
avanzerà sempre dubbi. Le successive inchieste giudiziarie, riaperte anche in
tempi recenti, hanno tuttavia finora confermato il verdetto iniziale. Ai suoi
funerali, celebratisi a Lucca, "in forma particolarmente solenne", il
28 agosto, un picchetto della "Friuli" (una delle poche divisioni
italiane che fin dal marasma dell’8 settembre non si squagliò, ma combatté i
tedeschi e si schierò poi al fronte a fianco degli alleati) gli rese gli onori
militari.
Ma
nonostante questo ultimo riconoscimento ed i riconoscimenti anche
internazionali che Pippo aveva avuto, per lungo tempo questo importante
capitolo della lotta armata è rimasto nella storiografia italiana quasi
ignorato, a parte alcune eccezioni: tra queste quella dello storico Carlo Francovich
che giustamente ricordò l’XI Zona come
“il nucleo partigiano più attivo dell’Italia centrale” ed altrettanto
giustamente Enriquez Agnoletti la ricordò come "una delle più importanti
formazioni... che abbiano operato ... nella Resistenza italiana" .
Senza
nella togliere alle consistenza
operativa di brigate o divisioni partigiane che operarono valorosamente
nelle retrovie nazifasciste, spesso con l’auto alleato, creando in molti casi
anche delle ampie “zone libere”, basterà notare tuttavia che il
"Battaglione Autonomo Patrioti Italiani Pippo" dell’ IX Zona fu la
sola unità partigiana toscana, ed una delle quattro o cinque che in tutta
Italia venne mantenuta dagli Alleati al fronte "in piena efficienza e con
tutti gli uomini accanto alle loro truppe", ed una, fra quelle poche a cui venne consentito di proseguire insieme a
loro, con loro uniformi e/o equipaggiamenti,
l’avanzata verso il Nord Italia.
Queste
furono solamente tre: oltre all'XI Zona di “Pippo” che dalla Toscana si spinse,
come abbiamo visto fino a Milano,
l’abruzzese “Brigata Maiella” di
Ettore Troilo e la ravennate “28° Brigata garibaldina Gordini” di Arrigo
Boldrini “Bulow” che operarono sul fronte adriatico giungendo rispettivamente,
insieme alle truppe alleate ed a quelle
“cobelligeranti” del ricostituito Esercito italiano, a Bologna ed a
Venezia.
Fu
questo un caso? Non lo credo. Fu allora un problema di affidabilità
politica? Può esser stato, ma solo in
parte, soprattutto se si pensa al fatto che una di queste unità (quella di
Bulow) era una formazione dichiaratamente comunista e che pure affiancò e poi avanzò insieme ai britannici
ed al Gruppo di Combattimento (divisione) “Cremona” dal fronte del Senio su Venezia.
Piuttosto
fu soprattutto per un problema di affidabilità militare che queste tre sopra citate
formazioni ebbero questo ulteriore onere e questo grande onore. Ma, ripeto,
malgrado ciò, la formazione di Pippo, per
lungo tempo, non ha avuto il rilievo storiografico che avrebbe meritato,
come “Pippo”, benche insignito della “Bronze Star” americana, non ha mai avuto la medaglia d’oro italiana che avrebbe
ben ampiamente meritato.
Ciò
probabilmente va attribuito al fatto che, pur essendo stato Pippo un fervente
antifascista, e malgrado la sua iniziale militanza azionista, non volle poi
stabilmente legarsi ad alcun partito politico, né la sua memoria poté esser
quindi rivendicata nel dopoguerra da qualcuno in particolare.
In fondo Manrico Ducceschi è un po’ l’eroe di tutti coloro che amano la patria senza essere retorici e nazionalisti, oppure nascondere secondi e più utili fini, e di tutti quelli che, in Italia e da qualsiasi altra parte, amano veramente la democrazia, “senza aggettivi” e senza scopi reconditi
In fondo Manrico Ducceschi è un po’ l’eroe di tutti coloro che amano la patria senza essere retorici e nazionalisti, oppure nascondere secondi e più utili fini, e di tutti quelli che, in Italia e da qualsiasi altra parte, amano veramente la democrazia, “senza aggettivi” e senza scopi reconditi
Solo
in tempi recenti questa, come altre pagine importanti della nostra storia della
Resistenza sono state riaperte per essere collocate nella loro giusta
dimensione.
Le
aspre divisioni politiche del dopoguerra favorirono infatti il prevalere di
interpretazioni storiografiche, sorte nell’ambito dell’opposizione di sinistra ed in particolare nel partito comunista,
identificanti quasi del tutto la Resistenza con la lotta partigiana delle "Brigate Garibaldi", viste come "avanguardia" di una quasi unanime partecipazione o
consenso popolare alla guerra di liberazione nazionale. Tesi politicamente comprensibile visto il clima di "guerra fredda" e la rivendicazione da parte comunista di una "funzione nazionale" di avanguardia nella lotta di Liberazione, ma invece storicamente, almeno nella sua originaria totalizzante formulazione, tutta da
dimostrare!
Ci furono invece anche i contributi, forse minori rispetto all'entità di quello comunista, ma non per questo meno significativi, anche di "avanguardie" politico-militari di estrazione cattolica, socialista, azionista, monarchica, repubblicana, anarchica, come di anti-nazifascisti "senza etichetta".
Ci fu poi a fianco degli alleati il notevole contributo (nel periodo 1944-45 oltre 450 mila uomini), forse non militarmente decisivo nel quadro generale dello scacchiere europeo della guerra , ma tutt'altro che insignificante, delle forze armate italiane "cobelligeranti" che combatterono per la Liberazione in Italia, ma anche all'estero, come infine ci fu il contributo di chi, prigioniero militare (IMI) dei tedeschi non volle aderire alla RSI.
Invece nella popolazione, ed anche questo va detto, la cosiddetta “zona grigia” di coloro che ritenevano rischioso in qualsiasi senso impegnarsi fu all’inizio molto ampia e ridusse via via solo per il sommarsi di numerosi accadimenti e conseguenti stati d’animo: bandi di reclutamento della R.S.I., difficoltà economiche, rastrellamenti e stragi nazifasciste, bombardamenti alleati dei quali si sarebbe vista la fine solo con la vittoria degli stessi e con il sopraggiungere della pace, ecc. ecc.
Ci furono invece anche i contributi, forse minori rispetto all'entità di quello comunista, ma non per questo meno significativi, anche di "avanguardie" politico-militari di estrazione cattolica, socialista, azionista, monarchica, repubblicana, anarchica, come di anti-nazifascisti "senza etichetta".
Ci fu poi a fianco degli alleati il notevole contributo (nel periodo 1944-45 oltre 450 mila uomini), forse non militarmente decisivo nel quadro generale dello scacchiere europeo della guerra , ma tutt'altro che insignificante, delle forze armate italiane "cobelligeranti" che combatterono per la Liberazione in Italia, ma anche all'estero, come infine ci fu il contributo di chi, prigioniero militare (IMI) dei tedeschi non volle aderire alla RSI.
Invece nella popolazione, ed anche questo va detto, la cosiddetta “zona grigia” di coloro che ritenevano rischioso in qualsiasi senso impegnarsi fu all’inizio molto ampia e ridusse via via solo per il sommarsi di numerosi accadimenti e conseguenti stati d’animo: bandi di reclutamento della R.S.I., difficoltà economiche, rastrellamenti e stragi nazifasciste, bombardamenti alleati dei quali si sarebbe vista la fine solo con la vittoria degli stessi e con il sopraggiungere della pace, ecc. ecc.
Certo
che ci furono anche iniziali sostegni popolari “spontanei” alla causa alleata e
antifascista, che poi si ampliarono:
aiuto, soprattutto da parte dei contadini, ai prigionieri di guerra
angloamericani, asilo agli ebrei o ai renitenti alla leva, ecc. ecc.
Parlerei
quindi di crescente consenso popolare ed in determinati casi anche di attiva
partecipazione.
Dunque, per riassumere, nella “vulgata resistenziale” storica della sinistra, durata all’incirca fino
agli anni Ottanta, scarso lo spazio per
la rappresentazione di esperienze e contributi che uscissero dal suddetto
“schema” ,di “guerra popolare” guidata dal partito comunista, mentre invece
come sappiamo, senza nulla togliere all'importanza preponderante e decisiva del
contributo comunista alla Resistenza, il
quadro delle forze e delle vicende connesse alla Liberazione era stato tuttavia
indubbiamente, come ho detto sopra, più composito e complesso, come varie furono le motivazioni di chi aderì alla RSI, tanto che si è anche giustamente parlato come ha
fatto lo storico Pavone di un complesso fenomeno che nell'ambito dello scontro del 1943-45 nazifascismo-antinazifascismo fu anche al tempo stesso “guerra
di liberazione nazionale”, “scontro sociale di classe” e “guerra civile”.
Dal canto loro, poi, nella temperie del “blocco contro blocco”, alcune forze moderate, interessate in determinati settori al recupero politico degli ex-repubblichini, ben presto rinunciarono a esaltare, in funzione anticomunista, certi loro “meriti resistenziali” contribuendo quindi da altra sponda ad alimentare la vulgata dell'equazione "partigiani = comunisti".
Dal canto loro, poi, nella temperie del “blocco contro blocco”, alcune forze moderate, interessate in determinati settori al recupero politico degli ex-repubblichini, ben presto rinunciarono a esaltare, in funzione anticomunista, certi loro “meriti resistenziali” contribuendo quindi da altra sponda ad alimentare la vulgata dell'equazione "partigiani = comunisti".
Ma oggi
questo periodo importante della nostra storia recente è da qualche tempo
sottoposto ad un processo di revisione critica che mi sembra utile nella misura
in cui esso sia mosso, non da motivazioni di opportunità politica, ma dalla sincera volontà di chiarire e di
capire.
Tutto
ciò significa buttare a mare la Resistenza? No, anzi! Significa soltanto che
essa va studiata nei suoi uomini, nei
suoi fatti e nei suoi tempi di svolgimento, senza pregiudizi, senza
mitizzazioni né anatemi, ma con una grande passione di verità proprio perché
per lungo tempo si è preferito sventolar bandiere invece che riflettere e
capire.
Avendo
ben presente che la Resistenza è l’elemento fondante della nostra democrazia e
della nostra Costituzione repubblicana, e che per questo non può esser messo
sullo stesso piano il valore delle motivazioni degli antifascisti con quello
dei “repubblichini” filonazisti, e che quindi la cosiddetta “memoria condivisa”
troverà sempre sul suo, anche necessario, cammino questo ben storicamente e saldamente ben piantato “paletto”!
Detto questo, altro non possiamo augurarci, se non che la Storia "cresca": che crescano i documenti e le testimonianze e che crescano le riflessioni su questi contributi. E che non ci siano censure più o meno “politicamente” interessate, che non ci siano più autori “scomunicati” e libri “maledetti” da nascondere nei più alti scaffali delle biblioteche.
Detto questo, altro non possiamo augurarci, se non che la Storia "cresca": che crescano i documenti e le testimonianze e che crescano le riflessioni su questi contributi. E che non ci siano censure più o meno “politicamente” interessate, che non ci siano più autori “scomunicati” e libri “maledetti” da nascondere nei più alti scaffali delle biblioteche.
E’
un segnale che sia giunto il momento, dopo sessant'anni, di far tacere le
polemiche viziate da interessi settari per cominciare a scrivere la Storia,
chiamando tutti, reduci ed eredi dei vincitori, ma anche reduci ed eredi dei
vinti, a testimoniare.
Senza
alcuna presunzione penso che sia proprio anche questo quello che avrebbero
voluto Pippo ed i gloriosi caduti dell’XI Zona per essere degnamente ricordati
ed onorati.
Carlo Onofrio Gori
"Carlo Gori" "Carlo O. Gori"
By Albert R. Materazzi
On July 31, 2005 a ceremony
dedicating a monument was held at Pian Novello honoring Partisans of
the Eleventh Zone Partisans Brigades (whose commander was the late
Manfredo Duccceschi aka Pippo) and Fifth Army Soldiers who made the
“ultimate sacrifice” in the war to liberate Italy from the cruel
Nazi/Fascists. Sponsoring it were veterans of the Brigades led by OSSer
Tiziano Palandri, wartime vice commander of the Brigades, and the
commune of Cutigliano near where it was erected.
This event is unique;
nowhere in Italy has the USA OSS assistance been so recognized.
The principle orator was
historian Prof. Carlo O. Gori of the University of Pistoia. His speech was
written with the assistance of Tiziano. He paid tribute to the help and
courage of the Americans, and noted the numerous documents from NARA
we furnished that enrich the town’s historical archives.
After Rome was liberated,
seven of its best divisions were transferred to the Seventh Army for the
invasion of southern France. As the result, the Fifth Army was
unable to breach the German Gothic line. The war in Italy became the
“forgotten war” during one of the worst winters in Italy’s history in what
turned out to be a stalemate. The Allied troops were spread thin. The
inexperienced and poorly
trained 92nd division anchored
the western edge of the Allied line.
During the advance the army
came into contact with the Pippo Brigades in the Serchio valley that
parallels the coast. It was based in Barga, located in the no-man’s
land of the opposing armies. It was obvious that the partisans could
be a great asset. The OSS Fifth Army Detachment was responsible for
furnishing tactical intelligence and nurturing the partisan effort. Lacking sufficient personnel, five officers and twenty enlisted
men from the Italian OGs were placed on detached service to assist them.
The area was in the II Corps sector, for which the late Maj. Stephen
Rossetti was the OSS liaison officer. He placed OG. Capt.
Gerald Sabatino with the Pippo Brigades who noted his courage and ability.
Using mules, supplies were sent to them over the mountains On Christmas Day 1944, the Fascist Monte Rosa Division,reconstituted and including German officers and specialists, attacked the 92nd Division positions in the Serchio Valley. The inexperienced soldiers panicked and retreated, placing the port of Leghorn in jeopardy. The next day the Pippo brigade struck the flanks of the invaders at Sommocolonnia. Fearing a trap the Monte Rosa retreated.
Using mules, supplies were sent to them over the mountains On Christmas Day 1944, the Fascist Monte Rosa Division,reconstituted and including German officers and specialists, attacked the 92nd Division positions in the Serchio Valley. The inexperienced soldiers panicked and retreated, placing the port of Leghorn in jeopardy. The next day the Pippo brigade struck the flanks of the invaders at Sommocolonnia. Fearing a trap the Monte Rosa retreated.
The Pippo Brigades continued
fighting alongside the allies until they reached Milan.
"The O.S.S. Society Inc." (Winter 2006)
vd. anche:
http://goriblogstoria.blogspot.it/2012/01/carlo-onofrio-gori-resistenza-manrico.html
A Simone Fagioli L'originale, Filomena Pavese, Claudio Gerati, Angela Bonadies e Marcella Gori piace questo elemento.
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